venerdì 18 ottobre 2013

Adriano Fieschi. Un legato che ha lasciato il segno.

Peducci, chiavi di volta, architravi, stipiti; in questi ed altri luoghi tipici del palazzo ducale di Urbino i conti e i duchi delle case di Montefeltro e dei Della Rovere hanno voluto rappresentare le loro insegne: stemmi e imprese. Altri personaggi, soprattutto dopo la devoluzione del Ducato di Urbino alla sede Apostolica (1631), quando il palazzo non era più reggia ma palazzo apostolico, vollero lasciare il segno di sé con graffiti di vario genere, alcuni anche araldici, alcuni di pregevole fattura. Di alcuni legati restano lapidi commemorative, ma il caso più clamoroso, per l'inedita e insuperata impudenza, è quello del cardinale Adriano Fieschi (Genova 1788 - Roma 1858) che volle lasciare di se stesso un segno là dove solo i duchi ebbero l'onore di lasciare il loro: l'architrave di una porta, con un fregio araldico che (se non per lo stile dell'opera araldica e per il carattere delle lettere che l'accompagnano) potrebbe essere scambiato per un'antica insegna in qualche modo commessa con la storia più importante del palazzo. E invece si tratta dello stemma e delle iniziali di tal A(driano) C(ardinale) F(ieschi) L(egato) che fu legato di Urbino e Pesaro per meno di un anno dal luglio 1847 all'aprile 1848.