domenica 19 dicembre 2010

L’ARALDICA NEI SIGILLI DI ODDANTONIO DA MONTEFELTRO

A. Conti
In "Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia e ordini cavallereschi", settembre-ottobre 2010, pp. 349-452.

La figura storica del primo duca di Urbino, Oddantonio da Montefeltro, è stata schiacciata dal peso preponderante di quella del fratellastro Federico, assurto al potere dopo il suo omicidio, nel 1444.
Oddantonio fu assassinato a soli diciassette anni, quando era succeduto al padre da pochi mesi. Eppure una così effimera presenza storica ci ha lasciato testimonianze araldiche di assoluto interesse, per certi versi strabilianti, a fronte della pesante standardizzazione riscontrabile nella più consueta documentazione araldica della famiglia.
E' quanto emerge dalla nostra indagine sui sigilli di Oddantonio, compiuta negli archivi di stato di Mantova, Siena e della Repubblica di San Marino.
Uno dei dati certamente nuovi, rispetto alla consolidata pubblicistica storica e araldica, è che l'inquartamento delle armi montefeltresche avvenne già con Oddantonio, se non prima con Guidantonio e non con Federico.

sabato 1 maggio 2010

LO STEMMA DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO”

Premessa
Nel suo celebre saggio Le Università del Medioevo lo storico Jacques Verger ricorda la rottura del sigillo grande dell’Università di Parigi ad opera del Legato pontificio nel 1225 (Verger 1982, p. 66), l’evento fu carico di un fortissimo valore simbolico perché, allora come oggi, il sigillo rappresentava in sintesi concetti quali autorità, autonomia o addirittura sovranità. Per questa alta valenza la custodia del sigillo e il suo uso erano spesso dettagliatamente descritti negli statuti di università, corporazioni e città (Bascapè 1956, pp. 51 e ss.).

Ai giorni nostri siamo circondati da segnali d’ogni tipo: stemmi di enti e istituzioni, logo e marchi commerciali, per non parlare della segnaletica stradale e di altre figure standardizzate finalizzate ad indicare cose e funzioni specifiche. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, molti di questi emblemi (con caratteristiche spesso assai simili a quelle dell'araldica) passano più o meno consciamente inosservati, scontati, apparentemente superflui. Essi non suscitano alcuna riflessione sulla loro ragion d’essere e la cosa, per certi versi, è la riprova della loro efficacia comunicativa.
Eppure tutti questi simboli hanno una loro genesi, una storia che spesso costituisce l’antefatto culturale e sensoriale di ciò che intendono rappresentare. La loro efficacia comunicativa dipende sovente proprio da questa loro genesi.


Lo stemma dell’Università di Urbino
A colpo d’occhio lo stemma dell’Ateneo urbinate denuncia un’origine sigillare, confermata dalla documentazione disponibile. Esso appare troncato con l’immacolata nella parte superiore e lo stemma urbinate in quella inferiore, evidente versione araldica di un sigillo a due registri.
Osservando parte della documentazione prodotta dall’Ateneo (carte intestate, timbri, manifesti ed altro ancora) si può facilmente costatare come il simbolo dell'Università di Urbino sia stato rappresentato in forme diverse, pur mantenendo fermi con sostanziale costanza gli elementi che lo caratterizzano che sono, come vedremo, di tipo sacro e araldico.
A questi due elementi se ne aggiungono altri che hanno contribuito a rendere diversa la rappresentazione grafica in base allo stile dell’epoca, al gusto del committente o dell’artista: scudi più o meno sagomati, elementi vegetali come rami d’ulivo, di quercia o di palma, e ancora corone rappresentate in fogge diverse, senza dimenticare i cartigli sui quali è impresso il nome dell’istituzione.


Elemento sacro: l’Immacolata concezione



La figura di Maria campeggia da sempre, preminente, negli emblemi del Collegio dei dottori, in quelli dello Studio e dell’Università, rispettivamente istituiti nel 1506, nel 1601 e nel 1671 (Marra 1975), a prescindere dai regimi politici succedutisi negli ultimi cinquecento anni.
Nei due più antichi sigilli conosciuti (figg. 1 e 2) essa appare assisa su un trono, in uno di essi (fig. 1) è affiancata da due santi inginocchiati. Questa composizione iconografica si ripete anche nelle matricole dei dottori del Collegio (1615, post. 1700 e post. 1766) con un numero variabile di figure di contorno alla Vergine, tra le quali si riconosce san Crescentino patrono della città (fig. 3).
E’ opportuno ricordare che Maria, la cui devozione risale ai primordi della millenaria storia delle università (Le Goff 1989, pp. 84 e ss.), è considerata sede o principio della Sapienza Divina in quanto madre di Cristo. Come tale è presente sovente nell’emblematica universitaria, non solo a Urbino dov’è figura principale del sigillo (Grossi, Giovannini, Ballante 2006, pp. 169, 170 e 171), ma per esempio anche a Pisa, Bologna e Padova (Giovannini 2006, pp. 135, 137 e 138).

In seguito la Vergine assunse i caratteri propri dell’iconografia dell’Immacolata concezione. Tale cambiamento non avvenne dopo la proclamazione del dogma del 1854 (Martinotti 2010), né con la riapertura del 1826 dopo la soppressione decretata da Leone XII (Ligi 1972, p. XIV) e nemmeno con la riapertura dell’Università a seguito dei moti del 1831 (Palma 1989). Stando alla documentazione disponibile questo cambiamento avvenne verosimilmente nel corso del Seicento.

“Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap, 12,1), è questo il passo dell’Apocalisse sulla base del quale si è formalizzata l’immagine dell’Immacolata concezione: Maria in piedi sul quarto di luna in un cielo stellato, a volte circondata da una corona di fiamme in forma di mandorla, nell’atto di schiacciare un serpente o un drago simbolo del peccato.
Questo classico modello iconografico, pur con connotati mistici, ha caratteri spiccatamente naturalistici. Maria veste sempre un mantello azzurro che talvolta le copre il capo, indossa una lunga veste bianca oppure rossa, come nei dipinti del Barocci (fig. 4).


Una rappresentazione di questo genere bene si attaglia alla raffigurazione in un sigillo, per via delle caratteristiche proprie della composizione sfragistica che riserva grande attenzione al dettaglio, anche naturalistico (Savorelli 1997).
Dal campo del sigillo l’Immacolata è stata traslata in uno scudo per divenire figura araldica di uno stemma (figg. 5, 6 e 7).



Il passaggio è avvenuto, molto probabilmente, in un’ottica sfragistica: non tanto per creare un’arma vera e propria, ma per conferire al sigillo una veste diversa, di natura araldica.
Assieme allo stemma di Urbino l’immacolata l’Immacolata viene così racchiusa in uno scudo e, pur sotto l’influsso degli stili araldici barocco e ottocentesco, assume i caratteri propri della rappresentazione araldica: semplicità, astrattezza e simmetria (Savorelli 1997).

Registrata come certa e originaria la presenza di Maria, viene da chiedersi perché un’immagine sacra costituì l’emblema di istituzioni laiche quali il Collegio dei dottori, lo Studio pubblico e l’Università che fu direttamente soggetta alla Chiesa solo per un trentennio nell’Ottocento. A parte le considerazioni ripetibili anche per altre istituzioni come i comuni, riguardo al fenomeno della fede in generale e del patronato in particolare; a parte quelle cui si è accennato sopra relative al mondo universitario medievale e rinascimentale; in attesa che vengano compiuti studi specifici basati sull’esame della documentazione d’archivio, possiamo per ora ricordare alcuni fattori che avvicinano l’Immacolata Concezione a Urbino, alle sue istituzioni e in particolare a quelle accademiche.
I principali sostenitori della concezione immacolata di Maria furono fin dal XIII secolo i Francescani (Verger 1982, pp. 158-171) che a Urbino, presso il loro convento, tennero lezioni di teologia e filosofia poi confluite nello Studio ufficialmente nel 1647 (Ligi 1972, pp. 86 e 87).
Tra i pontefici che contribuirono alla diffusione del concetto teologico della concezione immacolata prima della promulgazione del dogma effettuata da Pio IX nel 1854, si ricordano Sisto IV e Clemente XI: il primo, un Della Rovere e francescano, fervente sostenitore della teoria, vietò le dispute sull’argomento e concesse indulgenze per la festa della Concezione (1476), questi fu anche il papa che elevò al titolo ducale Federico da Montefeltro e che concesse la signoria di Senigallia ai Della Rovere (1474); il secondo, un Albani di Urbino, laureato presso lo Studio urbinate nel 1668, estese formalmente la festa della Concezione a tutto il mondo cattolico nel 1708.

Elemento araldico: lo stemma di Urbino

Lo stemma comunale si può vedere nel registro inferiore del sigillo del Collegio dei dottori già appeso a un diploma di laurea pergamenaceo del 1588 (fig. 1).
Pur essendo stata l’arma dei conti di Montefeltro e di Urbino a partire dal secolo XIV, nei primi anni del Cinquecento era ormai anche l’arma di Urbino (figg. 8 e 9) e come tale (contrariamente a quanto comunemente si ritiene) era presente nell’emblema del Collegio, dello Studio e dell’Università.
Il tempo e il modo del passaggio dell’antico stemma dei conti di Montefeltro alla comunità urbinate non sono ancora stati individuati con certezza, ma dovrebbero situarsi negli anni compresi tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, come dimostrano alcune testimonianze araldiche (Conti 2009, p. 66, nota 11 ).
La presenza di quello stemma è dunque un richiamo diretto alla città e non al duca Guidobaldo da Montefeltro che con proprio decreto istituì il Collegio nel 1506. Il duca, come già suo padre dal 1474, sfoggiava un’arma più complessa (fig. 10), frutto di un’evoluzione iniziata nella prima metà del Quattrocento quantomeno col conte Oddantonio (Conti 2006, p. 117, nota 13).
Occorre ricordare in particolare che il Collegio era propriamente il Collegio dei dottori della città di Urbino, come dichiarato per esempio a chiare lettere nella legenda del sigillo (fig. 1).
Tutto ciò smentisce anche la teoria proposta da Bascapé su suggerimento del rettore Carlo Bo, per la quale l’arma d'Urbino sarebbe stata aggiunta all’immagine dell’Immacolata solo nel 1601 quando fu costituito lo Studio Pubblico (Bascapé 1956, pp. 70 e 71).

Evoluzione della rappresentazione dello stemma.

Tra la seconda metà del Settecento e la prima del secolo successivo, alcune versioni dello stemma dell’Ateneo mostrano la sola presenza dell’Immacolata (figg. 11 e 12), si tratta di modelli per così dire artistici. In quegli anni continua ad essere usato come sigillo quello rotondo con lo stemma troncato Immacolata - arma civica (fig. 5).

Intorno alla metà dell’Ottocento viene realizzato il gonfalone dell’Ateneo, un drappo partito azzurro e giallo al centro del quale campeggia l’Immacolata in un cielo stellato in forma di mandorla circondato da una cornice fiammeggiante; questa rappresentazione è collocata sopra lo stemma di Urbino, iscritto in uno scudo gotico. Si tratta di una composizione di buon effetto nella quale l’immagine sacra è liberata dalla costrizione dello scudo, pur rimanendo circoscritta da un cartiglio cimato da una corona che funge da contorno come gli scudi barocchi delle epoche precedenti. Tale rappresentazione verrà usata per molti anni. Si rintraccia negli anni ‘30 del Novecento in una versione al tratto di Riccardo Parenti (fig. 13), ampiamente usata successivamente e ancor’oggi, per esempio, nelle copertine della collane di “Studi Urbinati”.


Se tra Sette e Ottocento alcune rappresentazioni dell’emblema accademico avevano accantonato l’arma civica, in alcuni timbri in uso nei primi decenni del Novecento si rileva al contrario la sola presenza dello stemma cittadino (figg. 14 e 15).



L’assenza dell’Immacolata non è dovuta all’influsso di una politica di stampo giurisdizionalista o ad un fenomeno di anticlericalismo, come l’assenza dell’arma civica in alcuni emblemi precedenti non dipendeva dal primato raggiunto dalla Chiesa sull’Università di Urbino dal 1826 al 1860.
Sempre in quegli anni un altro timbro (fig. 16) ripropone, rivisitato nello stile del disegno, lo schema classico dell’antico sigillo circolare del XVII secolo che peraltro continuava ad essere usato come tipario ufficiale (fig. 5).



Occorre ricordare a questo punto che l’Università fece uso anche degli emblemi dello Stato (pontificio e sabaudo), nonché di quello della Provincia di Pesaro e Urbino cui fu sottoposta dal 1860 al 1923.
Negli anni del fascismo, salvo il caso della biblioteca universitaria di cui si dirà fra breve, e salvo l’uso dell’emblema dello Stato, non si sono riscontrati mutamenti nell’emblematica universitaria ad Urbino che fossero in linea con le direttive del regime in ordine all’introduzione degli emblemi fascisti negli stemmi degli enti, diversamente da quanto avvenne già nel 1933 in non meno di sei atenei su venticinque: Ferrara, Macerata, Palermo, Firenze, Perugia e Venezia (Fascist university groups, 1934).
Esiste tuttavia nell’Archivio di deposito dell’Ateneo, un bozzetto con l’immagine dell’emblema rappresentato sul gonfalone nel quale, sotto la corona, è inserito un fascio littorio tra due serti (fig. 17). Si tratta evidentemente del maldestro tentativo d’inserire di una sorta di “capo del littorio”.



Un timbro impresso in un documento del 1941 (fig. 18), che riprende in pieno del sigillo storico (pur ammodernandolo nel disegno), assicura che nell’emblematica ufficiale dell’Ateneo non vennero mai introdotti i simboli del regime fascista. Si noti che quel timbro è usato ancora oggi negli atti ufficiali dell’Università.

Negli anni del secondo dopoguerra ritorna anche il motivo dell’Immacolata senza lo stemma bandato nella carta intestata del direttore amministrativo del 1950 (fig. 19). Quest’ultimo motivo è stato recentemente ripreso come modello per la targa metallica posta all’ingresso della sede principale dell’Ateneo in via Saffi 2, realizzata negli ultimi anni del Novecento (fig. 20).





Sempre negli anni cinquanta la carta intestata del rettore era decorata con un altro emblema apparentemente inedito: un libro aperto sul quale è posata una spada con cartiglio ut dabitur ocasio (fig. 21).

In realtà questo singolare emblema compariva già nel timbro della biblioteca universitaria almeno dai primi anni nel Novecento, ma il prof. Filippo Marra mi assicura che era già presente in un antichissimo diploma di laurea del Collegio dei dottori di Urbino, di cui si riserva la pubblicazione.
Nella seconda metà del Novecento, oltre a quanto sopra ricordato, si è riscontrato un uso frequente di due tra gli emblemi più antichi (figg. 5 e 7) nelle pubblicazioni, nei manifesti, nella carta intestata e nei libretti universitari.



Tra la fine del Novecento e i primi anni Duemila compare un disegno ammodernato (fig. 22) del più antico stemma ovale (fig. 7) e anche una versione a colori per i diplomi di laurea degli anni del quinto centenario dell’Ateneo (fig. 23).
Per la celebrazione di questa importante ricorrenza venne realizzato un logo dallo studio Kaleidon che riprendeva l’elemento grafico della mandorla di fiamme per farne il campo entro il quale convergevano le lettere V e U unitamente alle date MDVI e 2006 (fig. 24).


L’adozione di caratteri antichi e moderni e l’espressione in numeri romani ed arabi intendeva sottolineare la storia dell’ateneo e la sua continuità. Il risultato è apparso, a chi scrive, decisamente modesto.

Ultima rappresentazione grafica dello stemma dell’Università di Urbino consiste nel logo realizzato dallo studio Eikon e dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’ateneo (fig. 25).


Si tratta, come è stato ufficialmente ribadito dal Rettore il 25 gennaio 2010 di un logo che non si sostituisce al simbolo storico tutelato dall’art. 46 dello Statuto dell’ateneo. Potremmo allora paragonarlo alle versioni “artistiche” dello stemma dell’Università che abbiamo già descritto (figg. 11, 12, 14, 15, 19 e 20). Tuttavia quelle versioni furono mutatis mutandi qualcosa di meno impegnativo del logo Eikon. Questo, infatti, è stato presentato come un vero e proprio “cambio di veste grafica” dell’Ateneo, non una rappresentazione estemporanea.
L’esito del lavoro è stato commentato dal sottoscritto con un intervento sul blog “Araldica” (Conti 2010), poi ripreso da “Il Resto del Carlino” (Conti 2010 a) e da Francesco Martinotti su “Il nuovo amico” (Martinotti 2010). Riporto il mio intervento pubblicato sul blog (Conti 2010) qui di seguito come allegato. Contiene le osservazioni che ho ritenuto di dover fare sulla scelta dell’Ateneo.



Appendice
Emblemi della biblioteca universitaria.


La biblioteca universitaria si è distinta in alcuni periodi, per un uso di emblemi non coincidente con quelli contemporaneamente usati dall’Ateneo.
Almeno dai primi anni del Novecento, essa ha in dotazione l’emblema col libro aperto, la spada e il cartiglio con la dicitura ut dabitur ocasio (fig. 26), già decritto in precedenza.
Nella metà degli anni Trenta del Novecento, in pieno consenso del fascismo, quando il regime cominciò ad imporre agli enti l’emblema del partito unico divenuto emblema di stato dal 1926, col R.D. 12 ottobre 1933, n. 1440, l’università non si adeguò, ma nel timbro e nella carta intestata della biblioteca comparve lo stemma urbinate affiancato da due fasci littori (fig. 27).
Ovviamente tale emblema sparì con la liberazione nell’agosto 1944.

Bibliografia

Bascapé, 1956
G.C. Bascapè, Sigilli Universitari italiani, estratto da Studi in onore di Mons. Angelo Mercati, Giuffrè Editore, Milano, 1956.

Clough, Conti, 2006
C.H. Clough, A. Conti, Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino: fu mai gonfaloniere di Sancta Romana Ecclesia?, in “Studi Montefeltrani”, 1006, n. 27.

Conti, 2009
A. Conti, Osservazioni araldiche e storiche sugli stemmi dei Montefeltro a Palazzo Bonaventura, in “Accademia Raffaello. Atti e Studi”, 2009, n. 1.

Conti, 2009
A. Conti, http://araldica.blogspot.com/2010/03/iorripilante-nuovo-logo-delluniversita.html, in rete dal 28 marzo 2010.

Conti 2010 a
A. Conti, Il nuovo logo dell’Ateneo va bocciato senza riserve, in “Il Resto del Carlino”, Urbino, del 2 aprile 2010, p. 24.

Giovannini 2005
C. Giovannini, Cento diplomi di laurea dal XV al XX secolo dalla collezione Nucci, in F. Farina (a cura di), Honor & Meritus, Panozzo Editore, Rimini, 2005.

Grossi, Giovannini, Ballante, 2005
M. Grossi, C. Giovannini, L. Ballante, Diplomi di laurea dello Studio urbinate, in F. Farina (a cura di), Honor & Meritus, Panozzo Editore, Rimini, 2005.

Le Goff 1989
J. Le Goff, Gli intellettuali nel Medioevo, Mondadori, Milano, 1989.

Ligi 1972
B. Ligi 1972, Il convento e la chiesa dei minori conventuali e la libera università degli Studi di Urbino, STIBU, Urbania, 1972.

Marra 1975
F. Marra, Chartularium Per una storia dell’Universita di Urbino, 1563-1799, Argalia, Urbino 1975.

Martinotti 2010
F. Martinotti, Paradossi postmoderni, in “Il nuovo amico”, 18 aprile 2010, p.

Palma 1989
F. Palma, Urbino e la sua università, Lucarini, Roma, 1989.

Savorelli 1997
A. Savorelli 1997, “Dignum cernite signum…”. ‘Stile araldico’ e ‘stile sfragistico’ negli stemmi delle città medievali, in “Archivium héraldiques suisses”, CXII, II, pp. 91-113.

Fascist university groups 1934
Fascist university groups, The universities of Italy, 1934.


Referenze immagini
- Tutte le immagini di sigilli, stemmi, emblemi e logo dell’Università di Urbino appartengono all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, riprodotti dall’autore.
- Le immagini delle monete ducali sono tratte da R. Reposati, Della zecca di Gubbio e delle geste de’ conti, e duchi di Urbino, t. I, 1772.
- L’immagine dello stemma di Urbino è tratta dalla Pianta di Urbino, di T. Lucci, 1689.Le immagini sono qui riprodotte al solo scopo di illustrazione e critica, ai sensi di legge. Tutti i diritti spettano ai proprietari.

venerdì 30 aprile 2010

Il mio commento alle dichiarazioni dei presidi sul logo dell'Ateneo

Meritano un commento le dichiarazioni di alcuni presidi delle facoltà sul nuovo logo dell’Ateneo urbinate.
Come ha rilevato Valentina Bicchiarelli, autrice dell’articolo che pubblico qui sotto, “nessuno esprime un chiaro apprezzamento della nuova immagine comunicativa”, e già questo vorrà dire qualcosa, credo.
Ah, dopo l’araldista (il sottoscritto) e il giornale della curia (Martinotti su “il nuovo amico”), ci mancava il preside di Giurisprudenza per completare il quadretto dell’Ancien Régime che si scatena contro la modernità!!! Scherzo.
Il Rozo Acuña parla di legame affettivo e della storia, fattori da tenere presente in un’immagine comunicativa, non necessariamente se rivolta agli “anziani”, ma anche ai giovani, per il significato (l’immagine, anche nel senso d’immaginario, di aspettativa oltre che di vissuto) che sottende e che cerca di trasmettere.
Non convince per nulla, anzi, l’affermazione di Valli per la quale non si poteva fare un concorso per ragioni d’urgenza. La fretta è cattiva consigliera, e questo nuovo logo conferma l’antico adagio. Chi correva dietro all’ateneo urbinate reclamando un nuovo logo, forse la Gelmini o qualche ispettore del ministero? Nessuno.
Come tutte le riforme universitarie degli ultimi decenni, fatte in fretta, da ministri che volevano sostituire Casati e Gentile nei bignami, le cose, certe cose, andrebbero fatte con la giusta ponderatezza. I tempi per un concorso ci sarebbero stati eccome.
Come ho già scritto, e come ha ricordato Bicchiarelli, a Urbino ci sono ben tre istituti che potevano mettere in campo studenti e docenti per un vivace concorso che avrebbe creato quel dibattito che invece si è voluto tacitare fin dall’inizio.
I presidi di facoltà meno parruccone di quella di Giurisprudenza, appaiono più possibilisti: ritengono il loro personale giudizio irrilevante, auspicando che piaccia agli studenti e alle future matricole… Non mi pare un buon metro di giudizio.
Se il marchio non piace, come si può sperare che piaccia ad altri? Certo, i gusti sono gusti, il parco docenti italiano è tra i più vecchi del pianeta… ma se un logo non suscita emozione, non appassiona, lascia indifferenti o peggio suscita avversione in tutti i presidi intervistati, beh qualcosa in quel logo forse non va e bisognerebbe avere il coraggio di dirlo.
Come esprimeranno il loro apprezzamento gli studenti? Un sondaggio? quello del Carlino boccia il logo all’80%; con l’iscrizione o meno all’Ateneo? Spero che i criteri siano diversi!
Chi non fa, non sbaglia, vero; non tutto può piacere a tutti, altrettanto vero.
Tuttavia questo logo pare davvero aver fatto un buco nell’acqua.

giovedì 29 aprile 2010

No questo logo per l'Università di Urbino è su Facebook

Ho creato un gruppo su Facebook per raccogliere quanti sono contrari all'adozione del nuovo logo dell'Università di Urbino. In una settimana circa si sono iscritte oltre cento persone, lontane dalle migliaia che hanno già bocciato il logo nel sondaggio de "Il Resto del Carlino", ma qui ci si mette la faccia!
Le iscrizioni al gruppo "No questo logo per l'Università di Urbino" sono aperte, non mancate!

sabato 17 aprile 2010

Un alleato contro il nuovo logo dell'Ateneo urbinate

Se nel numero del 28 marzo scorso "il nuovo amico" dava conto dell'adozione del nuovo logo dell'Ateneo urbinate con un articolo di cronaca (stralci del comunicato stampa e delle dichiarazioni dei presentatori), finalmente, nel numero del 18 aprile, spunta un articolo di commento a firma Francesco Martinotti.
Si tratta di una nuova stroncatura, che muove da motivazioni di fondo diverse dalle mie, ma sempre di stroncatura si tratta.

Mi compiaccio. Dopo "il Resto del Carlino", che ha ospitato il mio intervento, anche un altro importante giornale del territorio si muove per chiedere un ripensamento all'Università.
Forse il giornale della curia potrà quanto non ha potuto il Carlino, e l'Ateneo si degnerà di rispondere alle osservazioni mosse e alla disapprovazione collettiva, senza trincerarsi dietro lo scarno comunicato rettorale del gennaio scorso col quale si obiettava che non era intenzione cambiare lo stemma ufficiale.
Tuttavia l'articolo di Martinotti merita un paio di precisazioni:
1) L'università non è stata istituita da Guidobaldo da Montefeltro nel 1506 e confermata dal papa l'anno successivo, quelli furono atti costitutivi del Collegio dei dotori della città di Urbino, un organo giurisdizionale che solo successivamente ha contribuito alla creazione dello studio e poi dell'università.
2) Per quanto noto l'emblema originario univa elementi agiografici a elementi araldici (vedasi sigillo del 1588) e in ogni caso è assolutamente inesatto affermare, come fa Martinotti, che questo nascque "nel secondo ottocento col gonfalone dell'Università e sotto l'influsso del dogma dell'immacolata concezione promulgato nel 1854 da Pio IX". Le fonti documentali attestano la presenza dell'Immacolata, se non da XVI secolo, certamente dal XVII.
Tra i fautori storici dell'Immacolata concezione ci furono i francescani che ebbero un ruolo non secondario nello sviluppo dell'Ateneo, senza dimenticare che anche i papi Sisto IV e Giulio II Della Rovere appartennero all'ordine dei frati minori, ferventi fautori della concezione immacolata di Maria.

venerdì 16 aprile 2010

Novo logo dell'Università di Urbino, un esempio d'uso


Ecco un esempio dell'uso che l'Università di Urbino intende fare del suo nuovo logo.
Al di là della pochezza grafica di questo invito, appare evidente l'inutilità del logo e la confusione simbolica che genera la presenza contemporanea dello stemma storico istituzionale.

mercoledì 14 aprile 2010

Sbarco in America

Come a suo tempo preannunciato, il prof. Marcello Simonetta, nel corso della sua conferenza "The Gubbio studiolo Botticelli, and Lorenzo de' Medici: Patronage and vendetta in Renaissance Italy" tenuta al Metropolitan Museum of Art di New York, venerdì 18 settembre 2009, ha citato, ritenendola plausibile, la mia nuova lettura del ritratto di Federico da Montefeltro pubblicata su "Nobiltà" n. 89/2009 (vedi post precedente).
Ecco il video della conferenza.

giovedì 8 aprile 2010

Visto, si stampi.

Venerdì 2 aprile scorso il Resto del Carlino, nelle pagine di Urbino, ha pubblicato il mio intervento sul nuovo logo dell'Università di Urbino!

domenica 28 marzo 2010

L'orripilante nuovo logo dell'Università di Urbino.

“Honolulu arrivooo!” avrebbe urlato mago Merlino vedendo il nuovo logo dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. A me che non sono Merlino e che non posso fuggire altrove e in un’altra epoca, altro non rimane che commentare l’esito dell’operazione che ha portato alla definizione del nuovo logo dell’Ateneo per opera dello studio di grafica Eikon.
Prima di affrontare il merito del problema, due sono le domande che sorgono spontanee: occorreva davvero il restyling dell’emblema dell’Università? Non sarebbe stato opportuno indire un concorso? Ebbene alla prima rispondo no e alla seconda sì, soprattutto vista la presenza a Urbino dell’Accademia di Belle Arti, dell’ISIA e dell’Istituto d’Arte, per non parlare d’oltre Trasanni…
L’Ateneo, invece, si è dato risposte opposte, peraltro con un risultato davvero molto deludente; ha così provveduto al radicale cambiamento del proprio logo (ufficialmente non sostitutivo di quello storico), affidando il lavoro a un’agenzia di grafica senza concorso, così come avvenne, con un altro ben misero risultato, in occasione del quinto centenario dell’Università. Coazione a ripetere?

“Mostrare l’immagine attraverso un messaggio, flessibile e globale, al passo con i tempi”, “dare una visione riconoscibile e visibile”, una “nuova linea comunicativa. Un’immagine inedita, coerente armonica e comprensibile dell’essere e dell’esserci dell’Ateneo”, persino “un’identità nuova, fresca, d’impatto e dinamica al pari delle università europee”; si è giunti persino a invocare un “nuovo Rinascimento”, di cui la città di Urbino sarebbe simbolo. Queste alcune delle dichiarazioni che hanno accompagnato il lancio del nuovo logo. Parole generiche, vacue e scontate che non avrebbero stonato nella bocca di uno stilista qualsiasi a margine dell’ennesimo défilé.

Lasciamo perdere il contorno e dedichiamoci alla sostanza. Non so se Eikon abbia compiuto studi preliminari sull’evoluzione storica e artistica dello stemma dell’Ateneo urbinate, o se si sia limitata a copiare pedissequamente la piccola ricerca che io realizzai negli anni ‘90 del secolo scorso, come fece l’agenzia Kaleidon in occasione della creazione del logo per la ricorrenza del 5° centenario dell’Ateneo Il dubbio che non abbia fatto né l’uno né l’altra, sorge leggendo nel comunicato stampa che il nuovo emblema “si ispira al logo originario che si ritrova in un gonfalone della seconda metà del 1800 (…)”. Un’affermazione che dice lunga sulle premesse del risultato finale dell’operazione.
E’ stato spiegato che “La nuova linea comunicativa garantisce una continuità tra l’iconografia precedente e quella attuale, pone al centro la figura dell’Immacolata”, ma è davvero così?


(Ultima version dell'emblema storico) (Emblema realizzato da Eikon)

Esaminando il nuovo logo dell’Università ritrovo l’immagine dell’Immacolata in forma assai stilizzata, una sorta di datata e modesta icona, sostanzialmente irriconoscibile, se non per la vistosa aureola che però accentua la somiglianza della Vergine a un mozzicone di candela acceso.
I numerosi particolari della più classica iconografia dell’Immacolata, presenti nell’emblema storico, di origine sfragistica, sembrano scomparsi del tutto. Forse gli autori del nuovo logo hanno inteso rappresentare la luna con un tozzo semicerchio rovesciato azzurro e la serpe con la leggera onda alla base della veste della Vergine? Forse, ma con quale risultato?
Sotto questa rappresentazione agiografica troviamo una grossa lettera u maiuscola. Leggo nel comunicato stampa che “la U di Urbino diventa lo scudo, lo stemma che incornicia l’immagine sacra”. Tralasciando l’uso improprio del termine stemma, appare evidente che così non è: la lettera U sostituisce lo stemma bandato già presente nel registro inferiore dell’emblema e non incornicia l’immagine sacra, mah!
Quella lettera maiuscola richiama alla mente il logo ideato da Albe Steiner per il sistema coordinato di segnalazione pubblica del Comune di Urbino nel 1969, ma il grande designer salvò il bandato araldico dello stemma civico, collocandolo dentro la lettera U che acquisiva - in questo caso sì - la doppia valenza di scudo e d’iniziale del toponimo.
Ovviamente Eikon non poteva riproporre d’amblée l’idea del grande designer, pertanto ha semplicemente eliminato l’immagine araldica bandata della città di Urbino, mantenendo la sola lettera iniziale, di per sé anonima.
In sostanza l’operazione compiuta ha eliminato tutti i riferimenti araldici (stemma bandato, corona, scudo barocco) che pure contribuivano a bilanciare la presenza dell’Immacolata nel simbolo di un’istituzione che è sempre stata laica, salvo una manciata d’anni, nel corso dei suoi cinque secoli di storia.
Lo stemma bandato, in particolare, caratterizzava fortemente questo aspetto della storia dell’istituzione. Esso non fu e non è, come si legge nel comunicato “lo stemma dei Montefeltro a ribadire visivamente la nascita dell’Università al tempo dell’ultimo duca della casata, Guidobaldo I (1506)”. Al momento della fondazione del collegio dei Dottori (1506), quello stemma, anticamente della famiglia Montefeltro, era già divenuto quello della città, a fronte dell’evoluzione araldica dell’arma ducale iniziata nella prima metà del Quattrocento.
Quell’arma bandata d’azzurro e d’oro con l’aquila sulla seconda banda è sempre stata presente nel simbolo dell’Ateneo quale arma della città, perché l’antico Collegio fondato nel 1506, era esattamente e propriamente il Collegio dei Dottori della Città di Urbino.In conclusione il nuovo logo dell’Ateneo va bocciato senza riserve ed è triste che sia indicato quale “segno del cambio di passo che si concreta con il Rettorato del Prof. Pivato”.
Per saperne di più:

lunedì 8 febbraio 2010

"Segni di Marca"

Eccomi durante lo svolgimento della relazione al convengo "Segni di Marca. Gli stemmi comunali e l'identità simbolica di una regione".

sabato 30 gennaio 2010

Nuova sede per la conferenza "Segni i Marca"

La conferenza 'Segni di Marca. Gli stemmi comunali e l'identità simbolica di una regione' si terrà presso la sala convegni di Palazzo Raffaello (sede della Regione Marche) in via Gentile da Fabriano.
Restano invariati l'orario (inizio ore 15.00) e i relatori.

venerdì 15 gennaio 2010

SEGNI DI MARCA - Conferenza ad Ancona 05.02.2009

SEGNI DI MARCA. Gli stemmi comunali e l’identità simbolica di una regione.
Venerdi 5 febbraio 2010 ore 15,00 - Palazzo degli Anziani - ANCONA

Il convegno conclude la fase di ricerca del progetto relativo alla storia ed evoluzione dell’araldica e della simbologia comunale delle Marche promosso dalla Presidenza dell’Assemblea Legislativa delle Marche, dalla Presidenza della Giunta regionale delle Marche e dall’Anci Marche.
A partire dalla documentazione archivistica raccolta e da un’ampia iconografia, il gruppo di studiosi impegnati nella ricerca illustrerà, nei suoi aspetti generali e in questioni di dettaglio, le caratteristiche più tipiche della simbologia delle comunità marchigiane, evolute, come elementi di un “patrimonio simbolico-iconografico”, nel quadro di una forte identità regionale ed istituzionale strettamente intersecate con le vicende storiche del territorio e le ideologie politiche, dal medioevo ad oggi”.

Ore 15,00 saluti

Raffaele Bucciarelli
Presidente assemblea legislativa delle Marche

Gian Mario Spacca
Presidente Giunta regionale Marche

Patrizia Casagrande
Presidente ANCI Marche

Fiorello Gramillano
Sindaco di Ancona

Ore 15,30 apertura lavori

Mario Carassai
Coordinatore Progetto

Virginio Villani
La storia istituzionale urbana della regione

Alessandro Savorelli
L’evoluzione della simbologia comunale nelle Marche: tra identità e ideologia

Vieri Favini
Tipologie simboliche: stemma, sigillo, vessillo: casi marchigiani esemplari

Antonio Conti
Araldica comunale e signorile: il Ducato di Urbino

Luigi Girolami
Vicende dell’araldica comunale in un contado (Ascoli)



domenica 10 gennaio 2010

VENTIMILA VISITE

Con l'inizio di questo 2010, il blog ha raggiunto e superato le 20.000 visite (senza contare poi le pagine visitate, quasi 31.500).
Evviva!