sabato 17 febbraio 2018

Lo stemma del Comune di Urbino prima, durante e dopo il regime napoleonico


Lo scorso mese di dicembre 2017 è stato pubblicato il libro a cura di Agnese Vastano: Verso Milano. Le spoliazioni napoleoniche a Urbino. Nel volume compaiono numerosi interventi, tutti anche tradotti in inglese:

- Agnese Vastano, Prefazione (pp. 10-11)
- Daniele Diotallevi, Il generale Bonaparte in Italia. Genio militare e uomo di cultura? (pp. 13-28);
- Bonita Cleri, La Pala Montefeltro nella cultura urbinate del Quattrocento (pp. 29-50);
- Valentina Catalucci, Tra “le più belle opere di pittura che formavano il di Lei ornamento”: i dipinti di Timoteo Viti sottratti alla città di Urbino (pp. 51-62);
- Anna Fucili, La Madonna di Santa Chiara, opera presunta di Raffaello, dispersa in epoca di soppressionni. Da Urbino a Cambridge, Massachusett, trasferimenti e curiosità iconografiche (pp. 63-92);
- Antonio Conti, Lo stemma del Comune di Urbino prima, durante e dopo il regime napoleonico (pp. 93-129);
- Andrea Bernardini, Urbino al tempo delle spoliazioni napoleoniche. Regesto documentario (pp. 130-159).



Il volume è dedicato a un tema annoso e molto sentito a Urbino per il particolare pregio di alcune opere sottratte dal regime napoleonico alla città: prima fra tutte la celebre Pala Montefeltro  (impropriamente detta anche Pala di Brera) dipinta da Piero della Francesca e ora esposta alla Pinacoteca Nazionale di Brera, a Milano. Che posto poteva trovare un saggio di araldica, o comunque un saggio legato al fenomeno araldico in un volume di questo tipo? Ho riflettuto qualche giorno, poi lo spunto è giunto con un dipinto di Timoteo Viti, sottratto dai napoleonici nel 1810, anch’esso a Brera, ma non esposto. Si tratta della conversazione della Vergine col Bambino e i santi Crescentino e Donnino, una tela nella quale il santo patrono di Urbino sorregge il vessillo armeggiato della città, un esempio unico di questo tipo di rappresentazione, per Urbino, a fronte di un’ampia serie di santi vessilliferi presso altri comuni della regione, innanzitutto san Terenzio di Pesaro. Questa tela, databile ai primissimi anni del XVI secolo, è dunque stata il pretesto per tornare sul tema dello stemma Urbinate, in maniera ancor più approfondita di quanto non ho già fatto nel pur completo intervento nel volume “Le Marche sugli scudi. Atlante degli stemmi comunali” edito da Andrea Livi Editore me 2015, a cura di Mario Carassai, con testi di Alessandro Savorelli, Vieri Favini e miei.

Dunque il mio intervento s’intitola lo stemma di Urbino prima, durante e dopo il regime napoleonico; non ho volutamente richiamato il Regno d’Italia, nel titolo, perché per regime napoleonico ho voluto intendere anche la breve parentesi giacobina di fine XVIII secolo.


Il mio intervento prende in esame tutte le fonti fino ad ora note e le interpratazioni storiche addotte nella non piccola bibliografia sul tema. Alcune fonti, molto importanti, sono per altro state individuate da me in anni di ricerca e in gran parte già proposte all’attenzione degli studiosi con pubblicazioni.

Dagli albori del Comune urbinate (attestato all’inizio del XIII secolo), al mancato decreto di riconoscimento dello stemma, fino al logotipo ideato da Albe Steiner nel 1969, passando per l’emblematica adottata dal regime giacobino e l’araldica civica napoleonica. Il racconto delle fonti e l’interpretazione che propongo si sviluppano seguendo i seguenti paragrafi:

1. Un pretesto
2. L’araldica civica
3. La tradizione dell’aquila quale stemma del Comune: leggenda o realtà?
4. San Crescentino patrono, protettore ed emblema del Comune
5. L’uso civico dell’antico stemma signorile
6. Bonaparte e Napoleone I: fine e ripresa dell’uso delle storiche insegne comunali
7. Dopo Napoleone.
 
Il testo è corredato di 24 illustrazioni in bianco e nero e a colori, molte delle quali sono inedite.


A. Vastano, Verso Milano. Le spoliazioni napoleoniche a Urbino, Leardini Editore, Macerata Feltria, 2017.