domenica 24 dicembre 2006

L'Università di Urbino diventa statale

Il ministro Mussi ha firmato il decreto per la statalizzazione dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

Evviva!!!


Ora l'Ateneo potrà finalmente riprendere con pieno vigore la propria missione d'istruzione e di ricerca!


- Leggi il mio intervento: La difficile libertà dell'Università di Urbino, pubblicato su "Lo Specchio della città" del maggio 2004. In rete al seguente indirizzo:
  • l'articolo


  • - Leggi il comunicato del Sindaco di Urbino:
  • il comunicato
  • martedì 19 dicembre 2006

    Salvare gli affreschi di palazzo Luminati a Urbino


    Alcuni anni fa, era il 2002, ad Urbino scoppiò una furibonda polemica sul cosiddetto “piano colore” per il centro storico.
    La battaglia, combattuta a colpi di comunicati stampa, conferenze e dichiarazioni di personaggi di fama mondiale, riguardava la predisposizione di un piano urbanistico del colore al quale avrebbero dovuto attenersi quanti intendevano ristrutturare gli edifici del centro storico. Secondo i detrattori di questa proposta Urbino avrebbe perso così la sua caratteristica di città di mattoni.
    Le mura, gli edifici privati e pubblici, civili e religiosi, persino il selciato di alcune vie e naturalmente il Palazzo ducale: tutto ad Urbino è di mattone. Tutto appare nelle tonalità che vanno dall’arancione al rosso, dal marrone al nero (sic!); anche la malta che lega i mattoni si presenta in diverse tonalità da luogo a luogo, a volte persino consunta e quasi insistente tra i vecchi mattoni in posa da secoli senza alcun altro intervento successivo.
    Questa caratteristica di città di mattoni a vista è stata fortemente difesa da una parte della cittadinanza contro l’ipotesi che si potesse permettere l’intonacatura dei vetusti palazzi del centro.
    Orbene, è indubbio che l’attuale situazione della città sia quella descritta sopra (salvo qualche raro intervento a colori realizzato negli ultimi dieci anni circa), ma occorre ricordare che questa caratteristica è stata raggiunta da Urbino per via della totale incuria nella quale sono state lasciate per decenni e decenni le facciate degli edifici del centro storico.
    I palazzi del centro, spesso rinnovati nello stile dal Quattrocento in poi, erano tutti intonacati. I mattoni sono emersi dall’intonaco che via via andava sbriciolandosi per le intemperie, lo smog, i terremoti, senza che nessuno provvedesse a riparare ai danni.
    Tra le tracce più o meno ampie di intonaco che sopravvivono sulle facciate di alcuni palazzi, si possono individuare tracce di decorazioni come quelle, geometriche, di un palazzo di via Budassi.
    Non è facile notare questi particolari, sia perché le tracce di intonaco sono spesso decisamente residuali, sia perché l’inclemenza degli eventi, il trascorrere del tempo e l’incuria dell’uomo hanno fatto sì che tutto appaia uniformemente coperto da una patina nerastra.
    Così, solo recentemente mi è capitato di notare che gli avanzi di intonaco del palazzo Luminati (ora Lucciarini) in via Mazzini 57 sono decorati da fregi e figure apparentemente interessanti.
    Sono andato subito a leggere che cosa è scritto sull’argomento in MAZZINI, I mattoni e le pietre di Urbino (1982), p. 370, e vi trovo scritto: “E’ da porre tra gli edifici urbinati di maggiore interesse e parzialmente ispirati a certe forme del Palazzo ducale. Tipica è l’incorniciatura delle finestre che si aprono sul prospetto in doppio ordine, poggiando sulla cornicetta marcapiano a mo’ di davanzale, corrente lungo tutta la facciata; questa –purtroppo menomata dalle due botteghe aperte ai lati del portale- era pure animata da una decorazione a fresco e a graffito ora affatto in rovina, ma i cui frammenti sparsi rivelano un disegno di non comune finezza; il motivo dei grifi, poi, leggibile talora sotto la cornicetta superiore, fa pensare a Francesco di Giorgio Martini, cui il Rotondi (1950) ha attribuito giustamente il disegno dell’edificio, quanto meno nei prospetti interni del cortiletto.”
    A fronte di tutto ciò la domanda è persino banale. Che cosa si aspetta ad intervenire?
    Per il restauro delle mura urbiche si è atteso il crollo degli anni ‘90, per l’intervento per la loggia a fianco del duomo si è atteso il recentissimo cedimento a seguito di una scossa tellurica.
    Nulla di così clamoroso richiamerà mai l’attenzione verso il lento ma inesorabile procedere della disgregazione delle decorazioni (quattrocentesche?) della facciata di uno dei più bei palazzi di Urbino. Saremo così costretti ad assistere inermi alla perdita definitiva di una così importante testimonianza artistica? Tutto ciò non mi sembra solo una “mostruosa sciocchezza” ma un vero crimine contro il patrimonio storico di un sito tutelato dall’UNESCO.

    Questo intervento è stato segnalato al sindaco di Urbino, alla Sprintendenza di Urbino, alla Commissione italiana dell’UNESCO.

    alcuni link interessanti:
  • Vedi articolo di PatrimonioSOS.it sul "piano colore"
  • Vedi UNESCO.it: il centro storico di Urbino resta patrimonio dell'umanità


  • sabato 9 dicembre 2006

    Nota polemica 002 - Archivio di Stato di Firenze

    Il servizio fotoriproduzione è morto! Viva il servizio fotoriproduzione!

    Finalmente è venuto a scadenza il contratto di appalto per il servizio di fotoriproduzione dell'Archivio di Stato di Firenze. Un servizio scadente per i tempi e vergognosamente costoso per gli utenti. Nessuno rimpiangerà il vecchio servizio, almeno si spera. Infatti la speranza è che nella nuova gara di appalto l'Archivio di Stato di Firenze abbia voluto finalmente prendere atto che esistono le tecnologie digitali, che un'immagine può essere catturata ad alta definizione con costi praticamente pari a zero e con tempi valutabili in alcuni minuti (compreso il trasferimento su cd-rom). Si spera così che un'immagine non venga concessa per motivi di studio ai prezzi precedenti e con tempi biblici a volte dell'ordine di quaranta giorni!!! Si spera poi che l'Archivio di Stato di Firenze abbia previsto la possibilità per l'utente di riprodurre autonomamente documenti utili impegnandosi all'uso appropriato ed a fornire copia dell'immagine, come accade in altri Archivi di Stato di questa nostra Repubblica. Insomma, parafrasando l'annuncio del passaggio dei poteri alla morte del re in Francia, mi sento di proclamare: "Il servizio fotoriproduzione è morto! Viva il servizio fotoriproduzione!" Ma a proposito delle mie speranze, non vorei, invece, trovarmi ad enunciare nei prossimi tempi un ben più noto modo di dire popolare: "chi visse sperando, morì..."
  • Leggi l'annuncio dell'ASFi






  • venerdì 8 dicembre 2006

    Nota polemica 001 - Kaleidon

    Stemma dell’Ateneo urbinate: neanche un grazie…
    Si sta ormai concludendo questo 2006, che per l’Università degli Studi di Urbino è stato considerato il 500° dalla fondazione. Le celebrazioni sono state piuttosto sottotono, anche perché il 2006, ma soprattutto il 2005 (anno della progettazione delle iniziative celebrative) sono stati veri e propri anni horribilis per un’università attanagliata da debiti congeniti connessi al suo stato di ateneo non statale…
    Orbene, capisco le ristrettezze economiche, capisco la fretta di recuperare il tempo perso, ma quando si copia il lavoro altrui si dovrebbe almeno citare la fonte, e magari unire un ringraziamento, formale, se non proprio sentito.
    Diversamente da come la buona educazione dovrebbe prescrivere si è comportato chi ha realizzato il logo del Cinquecentenario dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”: lo studio Kaleidon di Rimini.
    Nel sito internet del Cinquecentenario è illustrata la nascita del logo delle Celebrazioni e per completezza storica sono anche riportati alcuni esempi di rappresentazione grafica dello stemma dell’Ateneo con brevi didascalie. Già, ma si tratta di una parte del lavoro da me realizzato nel lontano 1997 per una pubblicazione studentesca. Un lavorino che poi ho pubblicato su internet in due vesti grafiche dello medesimo sito: nel 2003 e nel 2005.
    Non solo le didascalie pubblicate da Kaleidon sono proprio quelle scritte da me, ma anche le immagini sono proprio quelle da me pubblicate, immagini che in parte ho dovuto ridisegnare perché tratte da impronte di timbri non perfette. Non si tratta di un lavoro eccelso, ma deve essere comunque piaciuto e certamente è stato utile (visto che è stato usato)... peccato che non ci sia scappato nemmeno un grazie.

    Tramite i link sottostanti potrete constatare il fatto. Ma potrete anche verificare quali pasticci si possono compiere col taglia e incolla... In questo caso, poi, variando l'ordine degli addendi... il risultato cambia eccome!

  • Vedi il sito ufficiale del Cinquecentenario
  • Vedi il mio sito in versione 2003
  • Vedi il mio sito in versione 2004


  • giovedì 7 dicembre 2006

    Articolo 005 - Guidobaldo Gonfaloniere?

    Cecil H. Clough, Antonio Conti
    Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino: fu mai gonfaloniere di Sancta Romana Ecclesia?
    in “Studi Montefeltrani”, n. 27, San Leo, 2006, pp. 115-136, ill. bn.

    In questo articolo scritto a quattro mani con il prof. Cecil H. Clough (emerito dell’Università di Liverpool), ho affrontato il problema della nomina a Gonfaloniere della Chiesa di Guidobaldo da Montefeltro duca di Urbino.

    Le mie ricerche sull’araldica della famiglia dei Montefeltro si sono felicemente incrociate con quelle del prof. Clough attinenti alle fonti letterarie e documentarie, ed hanno indicato che con ogni probabilità l’ultimo dei Montefeltro non fu mai nominato Gonfaloniere della Chiesa, contrariamente a quanto affermato da più di uno studioso.

    Articolo di A. Daltri sugli stemmi all'Archiginnasio

    A. Daltri
    L’Ambulacro dei Legisti fra memorie e consigliature,
    in “L’Archiginnasio”, Bollettino della Biblioteca comunale di Bologna, a. XCIX – 2004, pp. 1-38, ill. a colori.

    Nel mese di settembre 2006 è apparso sulla rivista “L’Archiginnasio”, l’articolo di Andrea Daltri, L’Ambulacro dei Legisti fra memorie e consigliature.
    Il saggio di Daltri ripercorre le vicende storiche ed istituzionali che portarono alla formazione di quell’enorme repertorio di stemmi rappresentato sulle pareti e nelle volte degli ambienti dell’Archiginnasio (antica sede dell’Ateneo bolognese). In particolare l’articolo riguarda l’ambulacro dei Legisti con le sue sette arcate.
    Nel medesimo numero di "L’Archiginnasio" è pubblicato anche l’intervento di Pierangelo Bellettini, Prima e dopo la cura. Il restauro dell’ambulacro dei Legisti (pp. 39-85) e l’intervento di Manuela Faustini Fustini, Il restauro della decorazione e degli stemmi dell’ambulacro dei Legisti (pp. 87-95).

    Andrea Daltri cita cortesemente la mia segnalazione circa l’individuazione del titolare dello stemma roveresco nella II arcata (a nota 28 a p. 28). Il titolare di quello stemma è Francesco Maria di Ippolito Della Rovere marchese di San Lorenzo. Appartenente ad un ramo cadetto della casa ducale di Urbino. Francesco Maria fu sicuramente abate, ma di lui si sa pochissimo, tanto che è spesso dimenticato nelle moderne genealogie dei Della Rovere.
    Lo stemma di Francesco Maria, rappresentato all'Archiginnasio con qualche improcisione, è quello dei Marchesi di San Lorenzo, uno stemma roveresco per lo più dimenticato dai repertori araldici.
    Il mio studio Araldica dei Montefeltro e dei Della Rovere, è stato diviso in due parti. Quella sui Montefeltro vedrà la luce come monografia, quella sui Della Rovere uscirà in una serie di articoli sulla rivista della Società pesarese di studi storici “Pesaro città e contà”. Il primo articolo sarà pubblicato a breve sul n. 23.

  • Vedi il sito La storia sui muri


  • Archiweb - Raccolte digitali della Bibliotecadell'Archiginnasio.
    La storia sui muri: gli stemmi dell'Archiginnasio http://badigit.comune.bologna.it/stemmi/index.html
    Riproduzione pubblicata su gentile concessione della Bibliotecadell'Archiginnasio.
    Non è consentito alcun uso a scopo commerciale o di lucro.

    Gli stemmi dell'Archiginnasio: stemmi

    Articolo 004 - Stemma di Montecopiolo

    A. Conti
    Lo stemma del Comune di Montecopiolo.
    In A. L. Ermeti e D. Sacco (a cura di), Il castello di Monte Copiolo nel Montefeltro. Ricerche e scavi 2002-2005, ArcheoMed, Collana di Studi dell’Insegnamento di Archeologia Medievale, I – 2006, Walter Stafoggia Editore, Pesaro, 2006, pp. 33-40.

    Per questa nuova rivista dell’Insegnamento di Archeologia Medievale dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, ho avuto la possibilità di ripercorrere le vicende dello stemma del Comune di Montecopiolo, alla luce dei documenti araldici conosciuti: da un sigillo del 1437 allo stemma disegnato dallo svedese Torsten Waldemarsson.

    Ecco l’indice dei paragrafi:
    - La nascita dell’araldica comunale.
    - Un sigillo del 1437.
    - Un grande frammento lapideo.
    - Un timbro del 1710.
    - Una campagna bandata.
    - Lo stemma ricamato sul gonfalone.
    - Lo stemma attualmente in uso.

    - Conclusioni.

  • Vedi "ArcheoMed" n. 1 - indice completo


  • Consulenze 001 - Restauro stemmi ad Urbino

    Restauro stemmi montefeltreschi di Palazzo Bonaventura a Urbino.
    Consulenza tecnico-araldica per il Restauro stemmi montefeltreschi di Palazzo Bonaventura a Urbino condotto dal Corso di laurea in Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

    Lavoro si è sostanzialmente concluso con la consegna di un saggio da pubblicare nella nuova rivista del Corso di laurea. Il saggio è poi l’anticipazione di un capitolo del mio più ampio studio sull’araldica dei Montefeltro, arricchito dei dati (tecnologici, tipo di pietra, tracce di colore ecc.) emersi da restauro. La consegna avvenuta il 6 dicembre 2005, ed in versione definitiva per la stampa il 3 marzo 2005, col titolo:

    Osservazioni araldiche e storiche sugli stemmi montefeltreschi di palazzo Bonaventura.

    Nel saggio, dopo la descrizione dei due stemmi, mi sono soffermato sulla loro lettura individuando i titolari in Antonio di Nicolò da Montefeltro (m. 1448) e nel conte Guidantonio da Montefeltro signore di Urbino (m. 1443). Mi sono poi soffermato anche sulle ipotesi formulabili circa la collocazione dei due manufatti sopra il portale del palazzo. Ecco l’indice dei paragrafi:

    1- Premessa.
    2 - L’araldica e l’arma bandata dei Montefeltro.
    3 - Due armi uguali, due stemmi differenti.
    4 - Descrizione degli stemmi.
    4.1 – Descrizione dello stemma superiore.
    4.2 - Descrizione dello stemma inferiore.
    5 - Considerazioni storiche sulla loro attribuzione.
    6 - Denuncia delle consolidate attribuzioni ad opera dell’osservazione araldica.
    7 - Attribuzione della titolarità degli stemmi.
    8 - Considerazioni sulla realizzazione e sulla collocazione a palazzo Bonaventura degli stemmi di Antonio di Nicolò e di Guidantonio da Montefeltro.
    9 - Gli stemmi a colori.
    10 - Glossario.

    Lo studio è importante perché per la prima volta definisce chi furono i titolari di questi due stemmi, costantemente attribuiti al conte Antonio da Montefeltro (m. 1404), oppure al medesimo conte ed a sua moglie Agnesina di Vico (m. 1416).
    Su queste attribuzioni (ormai superate) si vedano online:
    - il sito dell’Università di Urbino
    Vedi la didascalia dell'immagine
    - il comunicato stampa dell’Università di Urbino sulla conclusione dei restauri dei due stemmi, datato 5 dicembre 2005
    Leggi il comunicato
    - il sito del Comune di Urbino Cultura e Turismo.

    Purtroppo la rivista col mio saggio non ha ancora visto la luce…


    Articolo 003 - Affresco araldico a Gradara

    A. Conti
    Sta andando in rovina un gioiello di Gradara.
    In "Lo Specchio della città" Periodico per la provincia di Pesaro e Urbino, a. 9, n. 83. gennaio 2005, p. 8.

    Una sorta di lettera aperta alle competenti autorità affinché venga restaurata ed opportunamente conservata una significativa testimonianza artistica ed araldica: un affresco rappresentante lo stemma di Vittoria Farnese (duchessa di Urbino e governatrice della Terra di Gradara) e lo stemma comunità di Gradara.
    L'opera, risalente alla metà del Cinquecento, è ormai in cattive condizioni, ma può ancora essere recuperata.
    Dopo la pubblicazione dell'articolo l'Amministrazione comunale di Gradara ha mosso i primi passi per avviare l'opera di restauro.





    Fonti 001 - Sigilli Montefeltreschi e Rovereschi

    Antonio ContiI
    Sigilli Montefeltreschi e Rovereschi nel carteggio dei Capitani Reggenti presso l’Archivio Pubblico dello Stato della Repubblica di San Marino.

    In collaborazione con l’Archivio Pubblico dello Stato della Repubblica di San Marino. 2004. Il cd-rom, accompagnato dal database informatico e cartaceo, non è in vendita, ma è consultabile presso l'Achivio dello Stato della Repubblica di San Marino.

    I sigilli sono una fonte primaria nella ricerca araldica. I sigilli possono essere ammirati nella loro duplice materialità: quella di matrice in metallo o quella di impronta (per lo più in ceralacca). Mentre i primi sono spesso collezionati da musei ed archivi, i secondi sono perlopiù considerati elemento accessorio del documento su cui sono impressi (specie se si tratta di sigilli aderenti e non di bolle). Invece, proprio i sigilli (tutti i sigilli) impressi sui più diversi documenti in carta o cartapecora, rappresentano un patrimonio da salvaguardare con cura. Sia perché spesso sono tutto ciò che rimane dei sigilli matrice (distrutti o dispersi), sia perché, a differenza delle matrici, sono databili con maggiore certezza sulla base della datazione del documento. Su suggerimento del prof. Luigi Borgia (1), l'autore di questo "spoglio sfragistico" ha deciso di indirizzare le sue indagini presso luoghi di arrivo della corrispondenza dei conti e dei duchi di Urbino. Tra i tanti ha scelto la Repubblica di San Marino, da sempre legata alle vicende dei Montefeltro. Otto giornate piene hanno permesso di passare in rassegna il ricco carteggio dei Capitani Reggenti custodito presso l'Archivio Pubblico dello Stato, e di rilevare oltre 570 scatti fotografici di sigilli aderenti su altrettanti documenti scelti tra i più significativi dell'iter evolutivo dell'araldica dei Montefeltro e dei Della Rovere. Le immagini sono state raccolte su cd-rom e fornite di un data-base utile alla consultazione delle immagini dei diversi sigilli che coprono un arco temporale che parte dalla prima metà del Quattrocento al 1631, anno di estinzione della casa ducale urbinate. Questo lavoro, ha certamente una molteplice funzione: quella di permettere una più rapida ricerca per studi in materia sfragistica, quella di permettere la visione dei diversi sigilli senza por mano necessariamente al documento originale, ma anche quella di costituire una fonte testimoniale in più, assai utile, vista la delicatezza dei sigilli aderenti che rischiano di staccarsi o di frantumarsi con estrema facilità. Accanto alla serie dei sigilli montefeltreschi e rovereschi, sono stati fotografati anche diversi altri sigilli, come quelli che costituiscono l’iter evolutivo del sigillo del Comune di Verucchio e del Comune di Rimini, ma anche i sigilli (particolarmente belli o interessanti) di altre istituzioni i di personaggi importanti.


    Relazione 001 - Lineamenti storici dell'araldica

    Lineamenti storici dell’Araldica in rapporto alla tipologia dei soggetti chiamati a praticarla ed a studiarla, dalla nascita ai giorni nostri.
    Al convegno: “Araldica di Palazzo Oliva” Per un nuovo museo a Piandimeleto.
    Organizzato dal Comune di Piandimeleto (PU),
    svoltosi il 24 luglio 2004 nella sala del Trono di Palazzo Oliva.

    Dopo la presentazione dei tre volumi editi dai comuni di Lunano e di Piandimeleto sulla storia ed i monumenti delle due comunità, dove venne presentato anche l’intervento sull’araldica dei conti Oliva; sempre nella suggestiva cornice del salone del trono del Palazzo dei conti Oliva a Piandimeleto, si è tenuto un altro importante evento. In occasione dell'apertura delle manifestazioni del celebre "Palio dei Conti Oliva", si è svolta la presentazione ufficiale del progetto relativo alla nascita di un Museo di araldica, con annessa biblioteca specializzata, proprio nei locali più antichi del Palazzo dei conti Oliva. In quella sede si è svolta una relazione sui lineamenti storici dell’evoluzione dell’araldica, evoluzione legata alla tipologia dei soggetti chiamati a praticarla ed a studiarla.
    Si è trattato di un excursus storico, dalla nascita del sistema araldico (sistema di riconoscimento codificato per segni e colori), originariamente caratterizzato da una grande libertà di iniziativa, per giungere alle codificazioni burocratiche degli attuali uffici araldici o collegi d’arme statali presenti in molti stati a regime monarchico ma anche repubblicano. Il tutto passando attraverso le figure e il ruolo degli araldi, degli eruditi, degli storici e degli storici dell’arte che, in tempi e modi assai diversi, si sono occupati del fenomeno araldico influenzandone lo sviluppo.Un iter storico che, se ricordato, permette di interpretare al meglio il fenomeno araldico, senza lasciarsi attrarre dalle visioni parziali che hanno caratterizzato lo studio della materia nelle diverse epoche.

    Contributo per monografia 001 - Araldica conti Oliva

    Antonio Conti
    Osservazioni sull’araldica degli Oliva, conti di Piagnano, signori di Piandimeleto.
    In, Lunano e Piandimeleto nel Montefeltro: Ricerca e restauri, a cura di W. Monacchi, Amministrazioni Comunali di Lunano e di Piandimeleto, STIBU, Urbania, 2004, pp. 83-94, ill. bn.


    Il Palazzo degli Oliva a Piandimeleto è certamente uno dei più importanti monumenti della bella regione storica del Montefeltro. Nonostante gli importanti interventi di recupero, che qualche anno fa hanno permesso di rendere fruibile e godibile il Palazzo comitale, fino ad ora era stata prestata scarsa attenzione ai dati araldici dei suoi numerosi fregi che decorano architravi, peducci e chiavi delle volte delle sale. La prima indagine araldica compiuta sul Palazzo dei conti Oliva è dunque descritta in questo articolo, articolo che ovviamente si sofferma sull'araldica stessa dei conti di Piagnano, facendo emergere le imprecisioni delle precedenti trattazioni che si erano di volta in volta soffermate più o meno approfonditamente sull'argomento. Questo intervento nell’opera collettiva Lunano e Piandimeleto nel Montefeltro. Ricerche e restauri, è dunque una prima indagine (ma anche la prima indagine) sull’araldica dei conti di Piagnano e del loro palazzo di Piandimeleto, indagine che certo dovrà e potrà continuare per risolvere gli ultimi aspetti rimasti oscuri. Paragrafi: - Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto, - L’arma originaria dei conti di Piagnano, - L’arma inquartata, - Altre armi e imprese.

  • Vedi la presentazione della pubblicazione
  • Articolo 002 - L'armatura Bonarelli Della Rovere

    Antonio Conti
    Dall’araldica l’attribuzione di un’armatura a Pietro Bonarelli Della Rovere.

    In “Pesaro città e contà”, 2003, n. 17, rivista della Società pesarese di studi storici, pp. 7-14, ill. bn.

    Quando nella primavera del 1631 morì l’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere, lo Stato di Urbino passò sotto il diretto dominio della Santa Sede, ma i beni allodiali e quelli mobili della dinastia roveresca vennero ereditati dalla nipote dell'ultimo duca, Vittoria Della Rovere, trasferitasi a Firenze e quindi andata sposa al Gran Duca di Toscana. Tra i beni dei Della Rovere che varcarono l’Appennino per affluire a Firenze ci fu anche l’armeria ducale roveresca ricca di corazze, elmi e scudi di gran pregio, pezzi che così entrarono così a far parte della prestigiosa armeria medicea. Anche questa prestigiosa collezione era destinata a fare una brutta fine e, smembrata, vide i suoi pezzi sparsi nei per il mondo in molte collezioni museali o in raccolte private. E’ così che tre elementi di un’armatura “roveresca” si trovano oggi in tre dei i più importanti musei del mondo: L’Ermitage di San Pietroburgo, il Bargello di Firenze, il Poldi Pezzoli di Milano. Fino ad ora, l'armatura di cui si occupa l'articolo, era stata attribuita a Guidobaldo II Della Rovere (duca di Urbino dal 1538 al 1574), ma l’individuazione dello stemma rappresentato nella nuca dell’elmo, propone una storia assai più complessa di quella connessa ad una delle tante armature del duca roveresco. Una storia probabilmente tumultuosa, drammatica, che indica come possano essere mutevoli le vicende della vita umana. Lo stemma, infatti, fino ad ora non decifrato, rimanda ad uno dei principali consiglieri del duca Guidobaldo II, che, alla morte del suo protettore, ed all'assunzione al governo del nuovo duca Francesco Maria II, cadde improvvisamente in disgrazia, e fu costretto ad una vita da esiliato con una condanna a morte pendente sul capo.E’ questo il classico esempio di come, attraverso il riconoscimento di uno stemma araldico, sia possibile risalire alla storia di cose e persone, o perlomeno di indicare più corrette linee d’indagine per ulteriori studi storici.

    mercoledì 6 dicembre 2006

    Articolo 001 - Il fregio enigmatico

    Antonio Conti
    Un fregio enigmatico al Palazzo ducale di Urbino. Ipotesi per l’interpretazione.
    In “Nobiltà. Rivista di araldica, Genealogia, Ordini Cavallereschi”, anno X, maggio-agosto 2003 n. 54-55.

    Un putto con uno scudo a tracolla, un grifone, un secondo scudo ed un libro chiuso. Cosa lega assieme tutti questi diversi elementi? Quale messaggio trasmetteva, intorno alla metà del Quattrocento, uno strano fregio scolpito a Palazzo ducale di Urbino che al giorno d'oggi appare enigmatico? Come molti visitatori del Palazzo ducale di Urbino, anche l’autore di questo articolo si è posto la fatidica domanda, così come più di uno storico, e di uno storico dell'arte, ha tentato di darne un'interpretazione. Quanti, fino ad ora, si erano cimentati nella risoluzione dell'enigma, si erano attenuti al dato consueto della storiografia consolidata su Federico da Montefeltro (1422-1482). Ma tutte le ipotesi fino ad ora formulate risultano immancabilmente incomplete, come laconicamente ricorda il sovrintendente Paolo Dal Poggetto: “Il grifo alato a sua volta regge con una zampa un altro stemma con fiammelle non ancora identificato” (1). L'indagine descritta nell'articolo si è attenuta al dato araldico ed ha coniugato i simboli e gli emblemi presenti nel fregio con episodi apparentemente marginali della vita del conte di Urbino. L’ipotesi proposta da questo articolo è, dunque, completamente originale, ed è la prima che fornisce una spiegazione complessiva, e specifica, degli elementi presenti nel fregio, riconducendoli ad un preciso episodio: la prima azione militare a cui partecipò Federico da Montefeltro nel 1438. Naturalmente si tratta di un’ipotesi, che appare fondata seppur non provata da elementi documentali che difficilmente si potranno mai rintracciare.




    (1) P. Dal Poggetto, La Galleria Nazionale delle Marche e le altre Collezioni nel Palazzo Ducale di Urbino, Novamusa del Montefeltro - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2003, p. 54.


    Presentazione - ultimo agg. 21.10.2013








    Eccomi qua. Mi chiamo Antonio Conti, sono nato a Senigallia nel sempre più lontano 1966.
    Ho abitato a Pesaro, a Ivrea e a Ravenna, poi per parecchi anni ad Urbino. Le mie origini sono per lo più rintracciabili tra i fiumi Foglia e Misa, nelle Marche. In particolare la mia famiglia paterna proviene da Acqualagna, dove l'antica casa Conti, ceduta al Comune perché la usasse per finalità sociali e culturali, è oggi divenuta sede del Palazzo del Gusto.
    Dal settembre 2007 vivo a Fano con mia moglie Vera e mia figlia Emma.












    Mi occupo di araldica con spirito curioso guardandomi attorno ed indagando quando serve.
    Mi sono laureato in Giurisprudenza presso l'amata Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" con una tesi in Storia del diritto italiano dal titolo "L'Università di Urbino e l'applicazione delle leggi razziali". Ora sono praticante avvocato :-(
    Ho conseguito la qualifica di Assistente museale per la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale, una qualifica che ho messo a frutto per quasi un anno presso l'Antiquarium "Pitinum Mergens" di Acqualagna (PU).

    Attualmente collaboro con il Museo del Castello dei conti Oliva di Piandimeleto per la realizzazione della Sala dell'Araldica.
    Sto ultimando uno studio sull'araldica dei Montefeltro che dovrebbe essere pubblicato come monografia.

    Per i miei interessi araldici e storici (attinenti soprattutto il Ducato di Urbino) sono:
    - socio aderente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano;
    - membro ordinario della Società Svizzera di Araldica;

    - membro del Gruppo Araldica Civica;
    - socio del Centro Italiano Studi Vessillologici;
    - membro dell'International Association of Amateur Heralds;
    - socio della Società di studi storici per il Montefeltro;
    - socio della Società pesarese di studi storici;

    - socio dell'Accademia Fanestre 



    Inoltre ho il piacere di essere Life member of The Society of the Friends of St George's & Descendants of the Knights of the Garter.

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    Il mio curriculum.
    Si trova qui
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    Il mio stemma.
    Questo stemma, realizzato ed adottato nei primi anni ’90 del secolo scorso, ha ragioni antiche ed una storia recente.
    1) Le ragioni antiche attengono al fondamento, diciamo pure al pretesto, della sua adozione. Correva l’anno 1651 e lo Studio Pubblico della città di Urbino decise che era giunto il momento di incrementare le iscrizioni di studenti forestieri. Tra gli altri provvedimenti adottati decise di concedere ai propri studenti forestieri (non a quelli urbinati…) alcuni di quei privilegi, spesso solo formali, che nella maggior parte delle altre Università della penisola venivano via via erosi o semplicemente abrogati. Così il 18 ottobre 1651 il Collegio dei Dottori dello Studio Pubblico di Urbino approvò le “Pretenzioni delli Signori scolari forestieri”: esenzioni fiscali, privilegio del foro, diritto al porto di armi ed altri privilegi chiaramente poco attinenti allo scopo dello studio e della ricerca. Gli studenti avevano chiesto, ed ottennero, anche di eleggere un loro capo, ed un consigliere che avrebbe dovuto rappresentare i loro bisogni allo Studio. Il Consigliere mantenne tale nome, ma per il capo gli studenti, potendo scegliere tra Priore, Primario ecc., optarono per Principe: il “Principe de’ Signori Studenti”. Con la medesima disposizione del 18 ottobre 1651 vennero stabiliti particolari privilegi e prerogative per il Principe e tra l’altro venne deciso “che debba detto Capo da eleggersi alzar l’arma di sua casa e collocarla nelle scuole”.
    L'Università di Urbino avrebbe potuto avere anch’essa il suo piccolo repertorio di stemmi studenteschi, qualcosa di analogo a quanto si può ammirate a Bologna e a Padova. Ma l’Ateneo non ebbe una sede stabile se non due secoli dopo, e comunque la figura del Principe non sembra aver varcato la soglia del XVIII secolo. La carica del Principe, ben distinta da quella “sindacale” del Consigliere, ha certamente avuto eredi istituzionali ed ideali: il Pontefice che sovrintendeva le cerimonie goliardiche tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento e poi il Duca del Maximus Ordo Torricinorum, l'Ordine goliardico sorto nel 1946 dopo il ventennio fascista durante il quale tutte le attività studentesche erano ricondotte al G.U.F.
    2) La storia recente. L’antica disposizione sullo stemma del Principe è stata ripresa e mantenuta dalla moderna Goliardia che è interprete e custode della tradizione universitaria urbinate. In questo contesto è stato realizzato il mio stemma. Prendendo a modello un “carattere” tipografico acquistato a Londra al mercato di Portobello nell’estate del 1990, e componendo quel disegno con gli smalti della mia città di residenza (Ravenna), realizzai il mio stemma: partito d’oro e di rosso, a due rami d’alloro posti a corona e racchiudenti un gufo posato, il tutto dall’uno all’altro. Quando nella primavera del 1993 divenni capo supremo della Goliardia dell’Università di Urbino, col titolo di Duca del Maximus Ordo Torricinorum, quello stemma assunse ancora maggiore rilevanza pubblica. Da allora questo stemma mi accompagna, non solo nelle attività goliardiche, ma in molte altre occasioni. E’, a tutti gli effetti, il mio stemma araldico, la mia arma. In alcuni casi la rappresento timbrata dal berretto tradizionale degli studenti universitari italiani (adottato nel 1892). Il colore blu è quello della facoltà di Giurisprudenza e la piuma di struzzo bianca è quella confacente i miei titoli… goliardici.

    Una nota in più, sul motto "Libertà vo cercando". Questo motto venne assunto alcuni mesi dopo l'assunzione dello stemma, per via di alcune vicende (non politiche) interne al M.O.T. Esso si rifà al sottotitolo di una rivista antifascista pubblicata da ambienti repubblicani, capitanati da Oronzo Reale, nel difficile anno 1925, per contrastare il progetto del regime di fascistizzare gli atenei. Il titolo e il sottotitolo della rivista erano "Il Goliardo. Libertà vo cercando che è si cara..." e riprendevano i celebri versi di Dante nel 1° Canto del Purgatorio
    "Or ti piaccia gradir la sua venuta:
    libertà va cercando, ch'è sì cara,
    come sa chi per lei vita rifiuta.
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