sabato 1 maggio 2010

LO STEMMA DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO”

Premessa
Nel suo celebre saggio Le Università del Medioevo lo storico Jacques Verger ricorda la rottura del sigillo grande dell’Università di Parigi ad opera del Legato pontificio nel 1225 (Verger 1982, p. 66), l’evento fu carico di un fortissimo valore simbolico perché, allora come oggi, il sigillo rappresentava in sintesi concetti quali autorità, autonomia o addirittura sovranità. Per questa alta valenza la custodia del sigillo e il suo uso erano spesso dettagliatamente descritti negli statuti di università, corporazioni e città (Bascapè 1956, pp. 51 e ss.).

Ai giorni nostri siamo circondati da segnali d’ogni tipo: stemmi di enti e istituzioni, logo e marchi commerciali, per non parlare della segnaletica stradale e di altre figure standardizzate finalizzate ad indicare cose e funzioni specifiche. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, molti di questi emblemi (con caratteristiche spesso assai simili a quelle dell'araldica) passano più o meno consciamente inosservati, scontati, apparentemente superflui. Essi non suscitano alcuna riflessione sulla loro ragion d’essere e la cosa, per certi versi, è la riprova della loro efficacia comunicativa.
Eppure tutti questi simboli hanno una loro genesi, una storia che spesso costituisce l’antefatto culturale e sensoriale di ciò che intendono rappresentare. La loro efficacia comunicativa dipende sovente proprio da questa loro genesi.


Lo stemma dell’Università di Urbino
A colpo d’occhio lo stemma dell’Ateneo urbinate denuncia un’origine sigillare, confermata dalla documentazione disponibile. Esso appare troncato con l’immacolata nella parte superiore e lo stemma urbinate in quella inferiore, evidente versione araldica di un sigillo a due registri.
Osservando parte della documentazione prodotta dall’Ateneo (carte intestate, timbri, manifesti ed altro ancora) si può facilmente costatare come il simbolo dell'Università di Urbino sia stato rappresentato in forme diverse, pur mantenendo fermi con sostanziale costanza gli elementi che lo caratterizzano che sono, come vedremo, di tipo sacro e araldico.
A questi due elementi se ne aggiungono altri che hanno contribuito a rendere diversa la rappresentazione grafica in base allo stile dell’epoca, al gusto del committente o dell’artista: scudi più o meno sagomati, elementi vegetali come rami d’ulivo, di quercia o di palma, e ancora corone rappresentate in fogge diverse, senza dimenticare i cartigli sui quali è impresso il nome dell’istituzione.


Elemento sacro: l’Immacolata concezione



La figura di Maria campeggia da sempre, preminente, negli emblemi del Collegio dei dottori, in quelli dello Studio e dell’Università, rispettivamente istituiti nel 1506, nel 1601 e nel 1671 (Marra 1975), a prescindere dai regimi politici succedutisi negli ultimi cinquecento anni.
Nei due più antichi sigilli conosciuti (figg. 1 e 2) essa appare assisa su un trono, in uno di essi (fig. 1) è affiancata da due santi inginocchiati. Questa composizione iconografica si ripete anche nelle matricole dei dottori del Collegio (1615, post. 1700 e post. 1766) con un numero variabile di figure di contorno alla Vergine, tra le quali si riconosce san Crescentino patrono della città (fig. 3).
E’ opportuno ricordare che Maria, la cui devozione risale ai primordi della millenaria storia delle università (Le Goff 1989, pp. 84 e ss.), è considerata sede o principio della Sapienza Divina in quanto madre di Cristo. Come tale è presente sovente nell’emblematica universitaria, non solo a Urbino dov’è figura principale del sigillo (Grossi, Giovannini, Ballante 2006, pp. 169, 170 e 171), ma per esempio anche a Pisa, Bologna e Padova (Giovannini 2006, pp. 135, 137 e 138).

In seguito la Vergine assunse i caratteri propri dell’iconografia dell’Immacolata concezione. Tale cambiamento non avvenne dopo la proclamazione del dogma del 1854 (Martinotti 2010), né con la riapertura del 1826 dopo la soppressione decretata da Leone XII (Ligi 1972, p. XIV) e nemmeno con la riapertura dell’Università a seguito dei moti del 1831 (Palma 1989). Stando alla documentazione disponibile questo cambiamento avvenne verosimilmente nel corso del Seicento.

“Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap, 12,1), è questo il passo dell’Apocalisse sulla base del quale si è formalizzata l’immagine dell’Immacolata concezione: Maria in piedi sul quarto di luna in un cielo stellato, a volte circondata da una corona di fiamme in forma di mandorla, nell’atto di schiacciare un serpente o un drago simbolo del peccato.
Questo classico modello iconografico, pur con connotati mistici, ha caratteri spiccatamente naturalistici. Maria veste sempre un mantello azzurro che talvolta le copre il capo, indossa una lunga veste bianca oppure rossa, come nei dipinti del Barocci (fig. 4).


Una rappresentazione di questo genere bene si attaglia alla raffigurazione in un sigillo, per via delle caratteristiche proprie della composizione sfragistica che riserva grande attenzione al dettaglio, anche naturalistico (Savorelli 1997).
Dal campo del sigillo l’Immacolata è stata traslata in uno scudo per divenire figura araldica di uno stemma (figg. 5, 6 e 7).



Il passaggio è avvenuto, molto probabilmente, in un’ottica sfragistica: non tanto per creare un’arma vera e propria, ma per conferire al sigillo una veste diversa, di natura araldica.
Assieme allo stemma di Urbino l’immacolata l’Immacolata viene così racchiusa in uno scudo e, pur sotto l’influsso degli stili araldici barocco e ottocentesco, assume i caratteri propri della rappresentazione araldica: semplicità, astrattezza e simmetria (Savorelli 1997).

Registrata come certa e originaria la presenza di Maria, viene da chiedersi perché un’immagine sacra costituì l’emblema di istituzioni laiche quali il Collegio dei dottori, lo Studio pubblico e l’Università che fu direttamente soggetta alla Chiesa solo per un trentennio nell’Ottocento. A parte le considerazioni ripetibili anche per altre istituzioni come i comuni, riguardo al fenomeno della fede in generale e del patronato in particolare; a parte quelle cui si è accennato sopra relative al mondo universitario medievale e rinascimentale; in attesa che vengano compiuti studi specifici basati sull’esame della documentazione d’archivio, possiamo per ora ricordare alcuni fattori che avvicinano l’Immacolata Concezione a Urbino, alle sue istituzioni e in particolare a quelle accademiche.
I principali sostenitori della concezione immacolata di Maria furono fin dal XIII secolo i Francescani (Verger 1982, pp. 158-171) che a Urbino, presso il loro convento, tennero lezioni di teologia e filosofia poi confluite nello Studio ufficialmente nel 1647 (Ligi 1972, pp. 86 e 87).
Tra i pontefici che contribuirono alla diffusione del concetto teologico della concezione immacolata prima della promulgazione del dogma effettuata da Pio IX nel 1854, si ricordano Sisto IV e Clemente XI: il primo, un Della Rovere e francescano, fervente sostenitore della teoria, vietò le dispute sull’argomento e concesse indulgenze per la festa della Concezione (1476), questi fu anche il papa che elevò al titolo ducale Federico da Montefeltro e che concesse la signoria di Senigallia ai Della Rovere (1474); il secondo, un Albani di Urbino, laureato presso lo Studio urbinate nel 1668, estese formalmente la festa della Concezione a tutto il mondo cattolico nel 1708.

Elemento araldico: lo stemma di Urbino

Lo stemma comunale si può vedere nel registro inferiore del sigillo del Collegio dei dottori già appeso a un diploma di laurea pergamenaceo del 1588 (fig. 1).
Pur essendo stata l’arma dei conti di Montefeltro e di Urbino a partire dal secolo XIV, nei primi anni del Cinquecento era ormai anche l’arma di Urbino (figg. 8 e 9) e come tale (contrariamente a quanto comunemente si ritiene) era presente nell’emblema del Collegio, dello Studio e dell’Università.
Il tempo e il modo del passaggio dell’antico stemma dei conti di Montefeltro alla comunità urbinate non sono ancora stati individuati con certezza, ma dovrebbero situarsi negli anni compresi tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, come dimostrano alcune testimonianze araldiche (Conti 2009, p. 66, nota 11 ).
La presenza di quello stemma è dunque un richiamo diretto alla città e non al duca Guidobaldo da Montefeltro che con proprio decreto istituì il Collegio nel 1506. Il duca, come già suo padre dal 1474, sfoggiava un’arma più complessa (fig. 10), frutto di un’evoluzione iniziata nella prima metà del Quattrocento quantomeno col conte Oddantonio (Conti 2006, p. 117, nota 13).
Occorre ricordare in particolare che il Collegio era propriamente il Collegio dei dottori della città di Urbino, come dichiarato per esempio a chiare lettere nella legenda del sigillo (fig. 1).
Tutto ciò smentisce anche la teoria proposta da Bascapé su suggerimento del rettore Carlo Bo, per la quale l’arma d'Urbino sarebbe stata aggiunta all’immagine dell’Immacolata solo nel 1601 quando fu costituito lo Studio Pubblico (Bascapé 1956, pp. 70 e 71).

Evoluzione della rappresentazione dello stemma.

Tra la seconda metà del Settecento e la prima del secolo successivo, alcune versioni dello stemma dell’Ateneo mostrano la sola presenza dell’Immacolata (figg. 11 e 12), si tratta di modelli per così dire artistici. In quegli anni continua ad essere usato come sigillo quello rotondo con lo stemma troncato Immacolata - arma civica (fig. 5).

Intorno alla metà dell’Ottocento viene realizzato il gonfalone dell’Ateneo, un drappo partito azzurro e giallo al centro del quale campeggia l’Immacolata in un cielo stellato in forma di mandorla circondato da una cornice fiammeggiante; questa rappresentazione è collocata sopra lo stemma di Urbino, iscritto in uno scudo gotico. Si tratta di una composizione di buon effetto nella quale l’immagine sacra è liberata dalla costrizione dello scudo, pur rimanendo circoscritta da un cartiglio cimato da una corona che funge da contorno come gli scudi barocchi delle epoche precedenti. Tale rappresentazione verrà usata per molti anni. Si rintraccia negli anni ‘30 del Novecento in una versione al tratto di Riccardo Parenti (fig. 13), ampiamente usata successivamente e ancor’oggi, per esempio, nelle copertine della collane di “Studi Urbinati”.


Se tra Sette e Ottocento alcune rappresentazioni dell’emblema accademico avevano accantonato l’arma civica, in alcuni timbri in uso nei primi decenni del Novecento si rileva al contrario la sola presenza dello stemma cittadino (figg. 14 e 15).



L’assenza dell’Immacolata non è dovuta all’influsso di una politica di stampo giurisdizionalista o ad un fenomeno di anticlericalismo, come l’assenza dell’arma civica in alcuni emblemi precedenti non dipendeva dal primato raggiunto dalla Chiesa sull’Università di Urbino dal 1826 al 1860.
Sempre in quegli anni un altro timbro (fig. 16) ripropone, rivisitato nello stile del disegno, lo schema classico dell’antico sigillo circolare del XVII secolo che peraltro continuava ad essere usato come tipario ufficiale (fig. 5).



Occorre ricordare a questo punto che l’Università fece uso anche degli emblemi dello Stato (pontificio e sabaudo), nonché di quello della Provincia di Pesaro e Urbino cui fu sottoposta dal 1860 al 1923.
Negli anni del fascismo, salvo il caso della biblioteca universitaria di cui si dirà fra breve, e salvo l’uso dell’emblema dello Stato, non si sono riscontrati mutamenti nell’emblematica universitaria ad Urbino che fossero in linea con le direttive del regime in ordine all’introduzione degli emblemi fascisti negli stemmi degli enti, diversamente da quanto avvenne già nel 1933 in non meno di sei atenei su venticinque: Ferrara, Macerata, Palermo, Firenze, Perugia e Venezia (Fascist university groups, 1934).
Esiste tuttavia nell’Archivio di deposito dell’Ateneo, un bozzetto con l’immagine dell’emblema rappresentato sul gonfalone nel quale, sotto la corona, è inserito un fascio littorio tra due serti (fig. 17). Si tratta evidentemente del maldestro tentativo d’inserire di una sorta di “capo del littorio”.



Un timbro impresso in un documento del 1941 (fig. 18), che riprende in pieno del sigillo storico (pur ammodernandolo nel disegno), assicura che nell’emblematica ufficiale dell’Ateneo non vennero mai introdotti i simboli del regime fascista. Si noti che quel timbro è usato ancora oggi negli atti ufficiali dell’Università.

Negli anni del secondo dopoguerra ritorna anche il motivo dell’Immacolata senza lo stemma bandato nella carta intestata del direttore amministrativo del 1950 (fig. 19). Quest’ultimo motivo è stato recentemente ripreso come modello per la targa metallica posta all’ingresso della sede principale dell’Ateneo in via Saffi 2, realizzata negli ultimi anni del Novecento (fig. 20).





Sempre negli anni cinquanta la carta intestata del rettore era decorata con un altro emblema apparentemente inedito: un libro aperto sul quale è posata una spada con cartiglio ut dabitur ocasio (fig. 21).

In realtà questo singolare emblema compariva già nel timbro della biblioteca universitaria almeno dai primi anni nel Novecento, ma il prof. Filippo Marra mi assicura che era già presente in un antichissimo diploma di laurea del Collegio dei dottori di Urbino, di cui si riserva la pubblicazione.
Nella seconda metà del Novecento, oltre a quanto sopra ricordato, si è riscontrato un uso frequente di due tra gli emblemi più antichi (figg. 5 e 7) nelle pubblicazioni, nei manifesti, nella carta intestata e nei libretti universitari.



Tra la fine del Novecento e i primi anni Duemila compare un disegno ammodernato (fig. 22) del più antico stemma ovale (fig. 7) e anche una versione a colori per i diplomi di laurea degli anni del quinto centenario dell’Ateneo (fig. 23).
Per la celebrazione di questa importante ricorrenza venne realizzato un logo dallo studio Kaleidon che riprendeva l’elemento grafico della mandorla di fiamme per farne il campo entro il quale convergevano le lettere V e U unitamente alle date MDVI e 2006 (fig. 24).


L’adozione di caratteri antichi e moderni e l’espressione in numeri romani ed arabi intendeva sottolineare la storia dell’ateneo e la sua continuità. Il risultato è apparso, a chi scrive, decisamente modesto.

Ultima rappresentazione grafica dello stemma dell’Università di Urbino consiste nel logo realizzato dallo studio Eikon e dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’ateneo (fig. 25).


Si tratta, come è stato ufficialmente ribadito dal Rettore il 25 gennaio 2010 di un logo che non si sostituisce al simbolo storico tutelato dall’art. 46 dello Statuto dell’ateneo. Potremmo allora paragonarlo alle versioni “artistiche” dello stemma dell’Università che abbiamo già descritto (figg. 11, 12, 14, 15, 19 e 20). Tuttavia quelle versioni furono mutatis mutandi qualcosa di meno impegnativo del logo Eikon. Questo, infatti, è stato presentato come un vero e proprio “cambio di veste grafica” dell’Ateneo, non una rappresentazione estemporanea.
L’esito del lavoro è stato commentato dal sottoscritto con un intervento sul blog “Araldica” (Conti 2010), poi ripreso da “Il Resto del Carlino” (Conti 2010 a) e da Francesco Martinotti su “Il nuovo amico” (Martinotti 2010). Riporto il mio intervento pubblicato sul blog (Conti 2010) qui di seguito come allegato. Contiene le osservazioni che ho ritenuto di dover fare sulla scelta dell’Ateneo.



Appendice
Emblemi della biblioteca universitaria.


La biblioteca universitaria si è distinta in alcuni periodi, per un uso di emblemi non coincidente con quelli contemporaneamente usati dall’Ateneo.
Almeno dai primi anni del Novecento, essa ha in dotazione l’emblema col libro aperto, la spada e il cartiglio con la dicitura ut dabitur ocasio (fig. 26), già decritto in precedenza.
Nella metà degli anni Trenta del Novecento, in pieno consenso del fascismo, quando il regime cominciò ad imporre agli enti l’emblema del partito unico divenuto emblema di stato dal 1926, col R.D. 12 ottobre 1933, n. 1440, l’università non si adeguò, ma nel timbro e nella carta intestata della biblioteca comparve lo stemma urbinate affiancato da due fasci littori (fig. 27).
Ovviamente tale emblema sparì con la liberazione nell’agosto 1944.

Bibliografia

Bascapé, 1956
G.C. Bascapè, Sigilli Universitari italiani, estratto da Studi in onore di Mons. Angelo Mercati, Giuffrè Editore, Milano, 1956.

Clough, Conti, 2006
C.H. Clough, A. Conti, Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino: fu mai gonfaloniere di Sancta Romana Ecclesia?, in “Studi Montefeltrani”, 1006, n. 27.

Conti, 2009
A. Conti, Osservazioni araldiche e storiche sugli stemmi dei Montefeltro a Palazzo Bonaventura, in “Accademia Raffaello. Atti e Studi”, 2009, n. 1.

Conti, 2009
A. Conti, http://araldica.blogspot.com/2010/03/iorripilante-nuovo-logo-delluniversita.html, in rete dal 28 marzo 2010.

Conti 2010 a
A. Conti, Il nuovo logo dell’Ateneo va bocciato senza riserve, in “Il Resto del Carlino”, Urbino, del 2 aprile 2010, p. 24.

Giovannini 2005
C. Giovannini, Cento diplomi di laurea dal XV al XX secolo dalla collezione Nucci, in F. Farina (a cura di), Honor & Meritus, Panozzo Editore, Rimini, 2005.

Grossi, Giovannini, Ballante, 2005
M. Grossi, C. Giovannini, L. Ballante, Diplomi di laurea dello Studio urbinate, in F. Farina (a cura di), Honor & Meritus, Panozzo Editore, Rimini, 2005.

Le Goff 1989
J. Le Goff, Gli intellettuali nel Medioevo, Mondadori, Milano, 1989.

Ligi 1972
B. Ligi 1972, Il convento e la chiesa dei minori conventuali e la libera università degli Studi di Urbino, STIBU, Urbania, 1972.

Marra 1975
F. Marra, Chartularium Per una storia dell’Universita di Urbino, 1563-1799, Argalia, Urbino 1975.

Martinotti 2010
F. Martinotti, Paradossi postmoderni, in “Il nuovo amico”, 18 aprile 2010, p.

Palma 1989
F. Palma, Urbino e la sua università, Lucarini, Roma, 1989.

Savorelli 1997
A. Savorelli 1997, “Dignum cernite signum…”. ‘Stile araldico’ e ‘stile sfragistico’ negli stemmi delle città medievali, in “Archivium héraldiques suisses”, CXII, II, pp. 91-113.

Fascist university groups 1934
Fascist university groups, The universities of Italy, 1934.


Referenze immagini
- Tutte le immagini di sigilli, stemmi, emblemi e logo dell’Università di Urbino appartengono all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, riprodotti dall’autore.
- Le immagini delle monete ducali sono tratte da R. Reposati, Della zecca di Gubbio e delle geste de’ conti, e duchi di Urbino, t. I, 1772.
- L’immagine dello stemma di Urbino è tratta dalla Pianta di Urbino, di T. Lucci, 1689.Le immagini sono qui riprodotte al solo scopo di illustrazione e critica, ai sensi di legge. Tutti i diritti spettano ai proprietari.