domenica 28 marzo 2010

L'orripilante nuovo logo dell'Università di Urbino.

“Honolulu arrivooo!” avrebbe urlato mago Merlino vedendo il nuovo logo dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. A me che non sono Merlino e che non posso fuggire altrove e in un’altra epoca, altro non rimane che commentare l’esito dell’operazione che ha portato alla definizione del nuovo logo dell’Ateneo per opera dello studio di grafica Eikon.
Prima di affrontare il merito del problema, due sono le domande che sorgono spontanee: occorreva davvero il restyling dell’emblema dell’Università? Non sarebbe stato opportuno indire un concorso? Ebbene alla prima rispondo no e alla seconda sì, soprattutto vista la presenza a Urbino dell’Accademia di Belle Arti, dell’ISIA e dell’Istituto d’Arte, per non parlare d’oltre Trasanni…
L’Ateneo, invece, si è dato risposte opposte, peraltro con un risultato davvero molto deludente; ha così provveduto al radicale cambiamento del proprio logo (ufficialmente non sostitutivo di quello storico), affidando il lavoro a un’agenzia di grafica senza concorso, così come avvenne, con un altro ben misero risultato, in occasione del quinto centenario dell’Università. Coazione a ripetere?

“Mostrare l’immagine attraverso un messaggio, flessibile e globale, al passo con i tempi”, “dare una visione riconoscibile e visibile”, una “nuova linea comunicativa. Un’immagine inedita, coerente armonica e comprensibile dell’essere e dell’esserci dell’Ateneo”, persino “un’identità nuova, fresca, d’impatto e dinamica al pari delle università europee”; si è giunti persino a invocare un “nuovo Rinascimento”, di cui la città di Urbino sarebbe simbolo. Queste alcune delle dichiarazioni che hanno accompagnato il lancio del nuovo logo. Parole generiche, vacue e scontate che non avrebbero stonato nella bocca di uno stilista qualsiasi a margine dell’ennesimo défilé.

Lasciamo perdere il contorno e dedichiamoci alla sostanza. Non so se Eikon abbia compiuto studi preliminari sull’evoluzione storica e artistica dello stemma dell’Ateneo urbinate, o se si sia limitata a copiare pedissequamente la piccola ricerca che io realizzai negli anni ‘90 del secolo scorso, come fece l’agenzia Kaleidon in occasione della creazione del logo per la ricorrenza del 5° centenario dell’Ateneo Il dubbio che non abbia fatto né l’uno né l’altra, sorge leggendo nel comunicato stampa che il nuovo emblema “si ispira al logo originario che si ritrova in un gonfalone della seconda metà del 1800 (…)”. Un’affermazione che dice lunga sulle premesse del risultato finale dell’operazione.
E’ stato spiegato che “La nuova linea comunicativa garantisce una continuità tra l’iconografia precedente e quella attuale, pone al centro la figura dell’Immacolata”, ma è davvero così?


(Ultima version dell'emblema storico) (Emblema realizzato da Eikon)

Esaminando il nuovo logo dell’Università ritrovo l’immagine dell’Immacolata in forma assai stilizzata, una sorta di datata e modesta icona, sostanzialmente irriconoscibile, se non per la vistosa aureola che però accentua la somiglianza della Vergine a un mozzicone di candela acceso.
I numerosi particolari della più classica iconografia dell’Immacolata, presenti nell’emblema storico, di origine sfragistica, sembrano scomparsi del tutto. Forse gli autori del nuovo logo hanno inteso rappresentare la luna con un tozzo semicerchio rovesciato azzurro e la serpe con la leggera onda alla base della veste della Vergine? Forse, ma con quale risultato?
Sotto questa rappresentazione agiografica troviamo una grossa lettera u maiuscola. Leggo nel comunicato stampa che “la U di Urbino diventa lo scudo, lo stemma che incornicia l’immagine sacra”. Tralasciando l’uso improprio del termine stemma, appare evidente che così non è: la lettera U sostituisce lo stemma bandato già presente nel registro inferiore dell’emblema e non incornicia l’immagine sacra, mah!
Quella lettera maiuscola richiama alla mente il logo ideato da Albe Steiner per il sistema coordinato di segnalazione pubblica del Comune di Urbino nel 1969, ma il grande designer salvò il bandato araldico dello stemma civico, collocandolo dentro la lettera U che acquisiva - in questo caso sì - la doppia valenza di scudo e d’iniziale del toponimo.
Ovviamente Eikon non poteva riproporre d’amblée l’idea del grande designer, pertanto ha semplicemente eliminato l’immagine araldica bandata della città di Urbino, mantenendo la sola lettera iniziale, di per sé anonima.
In sostanza l’operazione compiuta ha eliminato tutti i riferimenti araldici (stemma bandato, corona, scudo barocco) che pure contribuivano a bilanciare la presenza dell’Immacolata nel simbolo di un’istituzione che è sempre stata laica, salvo una manciata d’anni, nel corso dei suoi cinque secoli di storia.
Lo stemma bandato, in particolare, caratterizzava fortemente questo aspetto della storia dell’istituzione. Esso non fu e non è, come si legge nel comunicato “lo stemma dei Montefeltro a ribadire visivamente la nascita dell’Università al tempo dell’ultimo duca della casata, Guidobaldo I (1506)”. Al momento della fondazione del collegio dei Dottori (1506), quello stemma, anticamente della famiglia Montefeltro, era già divenuto quello della città, a fronte dell’evoluzione araldica dell’arma ducale iniziata nella prima metà del Quattrocento.
Quell’arma bandata d’azzurro e d’oro con l’aquila sulla seconda banda è sempre stata presente nel simbolo dell’Ateneo quale arma della città, perché l’antico Collegio fondato nel 1506, era esattamente e propriamente il Collegio dei Dottori della Città di Urbino.In conclusione il nuovo logo dell’Ateneo va bocciato senza riserve ed è triste che sia indicato quale “segno del cambio di passo che si concreta con il Rettorato del Prof. Pivato”.
Per saperne di più: