mercoledì 26 agosto 2020

Quell'intenso 2018

È appena stato pubblicato il bel libro dedicato ai primi trentacinque anni del gruppo storico fanese “La Pandolfaccia”, ispirato all’epoca della signoria di Pandolfo III Malatesti. Trentacinque anni sono veramente tanti, narrati con passione dai molti che hanno fatto la storia di questo gruppo.

Per un anno la lunga vicenda si è incrociata con la mia quando, nel 2018, mi unii ai tanti associati della Pandolfaccia. 

Un anno impegnativo: come genitore accompagnavo mia figlia alla scuola di bandiera, fui coinvolto nel gruppo dei Nobili impegnato anche in danze a me notoriamente poco congeniali, ho cercato di dare il mio contributo come trombetto suonando (diciamo così) la chiarina nel gruppo dei Musici, proposi con discrezione di poter dare il mio contributo come araldista per gli allestimenti della principale manifestazione organizzata dalla Pandolfaccia: il Palio delle Contrade, all’epoca giunto alla quarta edizione.


Qui non ricorderò gli episodi del mio piccolo anno di associato, che sono nulla; ricorderò solo l’aspetto araldico della mia breve partecipazione che pure ha lasciato un segno importante, se è vero che solo allora, alla quinta edizione del Palio, che alle quattro contrade partecipanti furono abbinati i nomi corretti dei quattro quartieri presenti a Fano nel XV secolo. Fu proprio in vista del Palio del 2018 che la Pandolfaccia abbandonò le denominazioni di fantasia usate nelle prime quattro edizioni e adottò le storiche denominazioni, a seguito del progetto araldico richiestomi dal presidente il 13 aprile e che consegnai tredici giorni dopo.

Il progetto prevedeva la trasformazione degli stemmi delle contrade partecipanti al Palio allo stato dato, ma naturalmente da coscienzioso appassionato della materia avvertii in premessa che le contrade non erano quattro, ma ventisei, raggruppate in quattro quartieri anticamente denominati San Francesco, Porta Nuova, Castel de’Mammoli, Vescovado.

La trasformazione degli stemmi era intesa a renderli araldicamente corretti e accattivanti, usando i colori già adottati da quattro edizioni e sui quali le contrade avevano fatto investimenti per abiti e insegne. Questi i confini del mandato ricevuto e adempiuto.

Come prevedibile, la notizia della denominazione medievale delle contrade, per altro già pubblicata da Aurelio Zonghi (1886-1888) e da Anna Falcioni (1997), bloccò lo sviluppo del progetto che si basava, come richiesto, sulle denominazioni in uso nel Palio. La dirigenza decise di soprassedere, optando per emblemi delle contrade con i soli colori e senza le figure ormai superate, in attesa di scoprire quali insegne avessero i quartieri medievali di Fano.

La vicenda è ricordata da Fabio Frattesi nel libro fresco di stampa (Matteo Itri (a cura), La Pandolfaccia 35 anni di storia nella storia, 2020) a p. 177: 

"Il 31 agosto, 1 e 2 settembre 2018 andava quindi in scena il 'Palio delle Contrade' in una versione rinnovata, presso la Rocca malatestiana, con tantissime novità al seguito:

- uno studio più approfondito svolto in quell'anno ci portò a trasformare il nome delle contrade perché Fano, nel 1400, contava ben 26 contrade e 4 quartieri. Si sono rinominate le contrade con i nomi dei quattro quartieri di Fano: la contrada dell' "Assunta divenne "San Francesco", "Borgo Mozzo" divenne "Porta Nuova", la "Croce" fu rinominata "Castel dei Mammoli" e "San Sebastiano" assunse il nome di Vescovado"; (...)".

Connessa alla storia della Pandolfaccia è anche la mia ricerca sul più celebre stemma medievale presente a Fano e che da sempre è emblema delle manifestazioni medievali della città e stemma della stessa Pandolfaccia, ne ho già dato conto su questo blog attribuendolo alla famiglia Boccacci e non più ai Malatesti come fatto fino ad allora dall'unanime storiografia.

Credo sia giusto ricordare anche altri contributi: la mostra dei Codici malatestiani alla Biblioteca Federiciana, il Laboratorio di araldica dedicato ai bambini preso la Mediateca Montanari, e gli scudi per l'allestimento del Palio.

A pensarci bene, quel 2018 fu un anno davvero intenso!

Tutto ciò premesso, pubblico questo mio lavoro perché è stata una mia attività araldica, l’unica finalizzata all’organizzazione di un Palio. Ecco le schede con gli stemmi che io proposi in sostituzione di quelli in uso che si osservano in cima a ciascuna scheda.










Ma sempre nel 2018 si è esaurito il mio impegno nel gruppo...



 











sabato 25 luglio 2020

Gli stemmi dell'antica Sala Grande del Palazzo Ducale di Camerino


Ho ricevuto qualche giorno fa, da Luciano Birocco, questo volume dedicato alla scomparsa decorazione araldica della Sala Grande del Palazzo Ducale di Camerino. Ringrazio Luciano per questo regalo e ringrazio anche Manuel Bernardini (anche lui di Camerino) che ha avuto lo stesso pensiero ma è stato anticipato.

Ho conosciuto Luciano e Manuel su Facebook, ma avrei potuto conoscerli nell’ambito dei “luoghi” nei quali esercitiamo (con diverse fortune, più loro che mie) i nostri interessi e le nostre impegnative passioni: l’ambito rievocativo e quello goliardico entrambi caricati di un profondo interesse per la conoscenza storica.

Per molto tempo il mondo camerte è stato per me totalmente sconosciuto, l’ho sfiorato nel corso delle mie ricerche solo per il breve momento nel quale Guidobaldo Della Rovere fu duca di Camerino. Tuttavia, chattando con Luciano su Facebook abbiamo messo a fuoco un aspetto interessante (non ancora completamente chiarito in tutti gli aspetti) relativo alla “divisa” dei da Varano, quantomeno con Giulio Cesare, ma verosimilmente anche con altri membri del casato. Anche qui, come in molte altre corti signorili italiane e presso diverse compagnie militari, abbiamo trovato l’uso del bianco, del rosso e del verde, come consuetudine abbinati a monogrammi e imprese.

Ma torniamo al libro. Ho trovato molto interessante questo piccolo volume, non solo perché mi ha permesso di conoscere la serie completa degli stemmi che un tempo decoravano il più grande ambiente di rappresentanza della residenza dei da Varano, ma perché mi ha permesso di conoscerne la vicenda attraverso fonti documentarie e ricostruzioni virtuali con gli interventi di Matteo Mazzalupi e di Roberta Camillucci.
Affacciatomi così su questo mondo ho scoperto che altri studi su questo ciclo erano stati svolti - cito quello di Luigi Borgia (2005) per essere questi uno dei principali araldisti moderni italiani - e ho scoperto che esistono diversi manoscritti che descrivono e illustrano anche con immagini questa serie di stemmi che era accompagnata da elogia dedicati ai singoli signori di Camerino, da Gentile I (+ 1284) a Giovanni Maria (+ 1527) redatti dal vescovo umanista Varino Favorino (vedasi gli interventi di Mazzalupi e di De Rosa). In questo volume, Fiorella Piano, correda ciascuno stemma della blasonatura e di note biografiche dei titolari che permettono al lettore di avere una conoscenza rapida ed efficace del personaggio, più di quanto, in modo aulico, fecero gli elogia scomparsi che sono ovviamente riprodotti nel volume assieme agli stemmi, tutti tratti dal manoscritto Marsili Feliciangeli: Memoria et cronica de stirpe Varanea Camerte ut habetur in aula magna palatii ducalis Cammerini (autenticato nel 1609) conservato presso il Rettorato dell'Università degli Studi di Camerino

Gli stemmi dei signori di Camerino sono accompagnai da quelli delle consorti, a loro volta sempre rappresentati nella classica partizione matrimoniale: a destra l’arma del marito e a sinistra quella della famiglia della moglie. Come accade spesso anche in altre casate, per quanto possa sembrare incredibile, non sempre si conoscono le mogli di tutti i signori e in questo caso lo stemma partito viene egualmente rappresentato, ma con una lacuna nella partizione di sinistra. A parte la moglie di Gentile I, queste lacune si protraggono fino alla metà del Trecento.

Il pregio di ogni studio storico (e araldico) è anche quello di essere punto di partenza e spunto per ulteriori indagini. Va detto che questo volume facilita la cosa essendo dotato di un ricchissimo apparato di note.

La prima domanda, a cui verosimilmente è già stata data risposta è: davvero non esiste più nulla di questa decorazione? Nel volume si legge che in tempi remoti gli stemmi venne coperti di bianco… Il grande salone ha subito molte trasformazioni, fino ad essere suddiviso in molti ambienti nel XVIII secolo… chissà?

Un altro aspetto che solletica l’interesse dell’araldista sono i cimieri che corredavano e differenziavano gli stemmi altrimenti standardizzati nel vaiato varanesco.
Al capostipite Gentile I è attribuito il cimiero con la testa di cane marino che comparirà spesso tra i discendenti, ma non sempre. A partire da suo figlio Bernardi I pare documentato l’uso di un rosso sole raggiante, per tre consecutive generazioni; più oltre, quasi continuativamente, per quattro generazioni è attestato il cimiero della testa di liocorno; qua e là compare comunque il cimiero della testa di cane parino, talvolta armeggiato vaiato. Appaiono poi interessanti i personali cimieri di due fratelli: Giovanni Spaccaferro (due braccia che spezzano un ferro di cavallo) e Venanzio Falcifer (due lame di falce). Ad attestare l’avvenuta elevazione al rango ducale, lo stemma di Giovani Maria (che commissionò il ciclo) è timbrato da una corona che ormai non è più l’antico cerchio gemmato dei duchi papali del secolo precedente (Este, Montefeltro, Della Rovere), ma ben più ricca come ormai imponeva la moda dell’epoca.
Nel volume è poi pubblicato anche lo stemma dell’ultimo duca di Camerino: Guidobaldo Della Rovere e quello di sua moglie Giulia da Varano figlia unica figlia di Giovanni Maria. Ovviamente questi stemmi non furono mai dipinti nel salone camerte.

Infine, ma non per ultimo, la curiosità dell’araldista si rivolge anche verso la reale rappresentazione di quegli stemmi. Fino a quanto sono fedeli gli stemmi ricopiati nei diversi manoscritti superstiti? Dalla lettura degli interventi pubblicati in questo volume, pare esistano differenze di stile. Forse anche alcune incongruenze araldiche (per esempio nelle armi malatestiane) potrebbero non essere state presenti negli stemmi originali… chissà?


F. PAINO (a cura), La sala del palazzo de questi Varani… Storia e decorazione della Sala Grande del Palazzo Ducale di Camerino, Università di Camerino, Camerino 2020.
(Formato 17x24, rilegato filo refe, 112 pagine, illustrato a colori)

Indice

F. PAINO, Introduzione.

C. PETTINARI, Prefazione, La nostra casa.

L. BIROCCO, Tutto cominciò… sul finire del mese di maggio dell’anno 1987.

M. MAZZALUPI, ‘Pare fusse un prodigio della loro estintione’. Verso una ricostruzione del fregio della Sala Grande del Palazzo da Varano.

R. CAMILLUCCI, Per un’ipotesi ricostruttiva della Sala Grande del Palazzo da Varano.

F. PAINO, ‘Un giro de quadri, ciascun quadro con l’arme de Varani’. La decorazione araldica della Sala Grande.

G. DE ROSA, Varino Favorino, un umanista alla corte dei da Varano.

F. PAINO, Conclusione. La sala degli Stemmi dell’Università di Camerino, Palazzo Ducale.




martedì 11 febbraio 2020

Affreschi araldici e sacri trecenteschi nel Palazzo del Podestà di Fano


Sabato 1 febbraio 2020, a Fano, presso la Mediateca Montanari, è stato presentato il n. 31 della rivista "Nuovi Studi Fanesi" edita dalla Biblioteca Federiciana, nel quale è pubblicato il mio ultimo saggio:


Gli stemmi del Comune e di Galeotto Malatesti tra gli affreschi sacri nell'antico Palazzo del Podestà di Fano (Sala Verdi del Teatro della Fortuna).




Posso dire (pur essendo l'autore) che questa ricerca e la sua pubblicazione apportano un importante dato di conoscenza alla storia e alla storia dell'arte fanese ed anche al più ampio panorama artistico della vasta signoria malatestiana. Questo non per l'analisi storica e per le valutazioni storico artistiche, che restano tutte da compiere, ma per aver riportato all'attenzione, queste opere pittoriche totalmente dimenticate, direi totalmente sconosciute.



Nata dalla curiosità dell'araldista di verificare se nell'antico Palazzo del Podestà di Fano fossero rimaste decorazioni araldiche, questa ricerca ha potuto svelare non solo la presenza di affreschi che sono ben altro che vaghe macchie di colore, come saranno apparse al numeroso pubblico che affolla spesso la sala ovviamente distratto da altro) ma ha permesso di rilevare la presenza del più antico stemma dipinto del Comune di Fano e di un suggestivo stemma dipinto del primo signore malatestiano sulla città: Galeotto I Malatesti (m. 1385).

La ricerca, durata un anno, è stata svolta con sopralluoghi resi difficoltosi dalla posizione degli affreschi, dal loro stato di conservazione, dalla illuminazione inadeguata e soprattutto dall'impossibilità di avvicinarsi alle opere; ma sopratutto è stata realizzata presso gli archivi delle Soprintendenze competenti, presso l'archivio del Comune di Fano, presso la Biblioteca Federiciana e la Sezione di Archivio di Stato di Fano.

Il mio saggio si articola nei seguenti capitoli e paragrafi:

1 - Un palazzo bello e sfortunato
2 - Palazzi decorati
3 - Affreschi distrutti, occultati e dimenticati
4 - Il dramma, la riscoperta e ancora l'oblio
5 - La mia riscoperta
6 - Lo stemma di Fano
7 - La scacchiera, ovverosia lo stemma a bande scaccate dei Malatesti
8 - Lo stemma brisato di Galeotto
9 - Il segno brisante: la lettera G con le teste di drago
9.1 - Lo stemma di Galeotto a Ripatransone
9.2 - Lo stemma nel boccale di Montefiore Conca
9.3 - Lo stemma nel castello di Petrella Guidi
9.4 - Lo stemma di Galeotto al Museo civico di Fano
9.5 - Stemma nella Torre di Saltara
9.6 - Lettera G in un Registro delle collette
9.7 - Sigillo del Comune di Fano con l'iniziale di Galeotto
10 - La signoria di Galeotto a Fano e la datazione degli stemmi
11 - Conclusioni e auspici

Ora, l'auspicio che questi affreschi ritrovati possano essere studiati, restaurati e valorizzati. Sarà mia cura tentare di raggiungere questi obiettivi.

Video della presentazione del mio saggio.
(per un lapsus ho chiamato Ferri l'architetto Fabbri... chiedo venia)




Riferimento bibliografico dell'articolo
A. CONTI, Gli stemmi del Comune e di Galeotto Malatesti tra gli affreschi sacri nell'antico Palazzo del Podestà di Fano (Sala Verdi del Teatro della Fortuna), in "Nuovi Studi Fanesi", n. 31/2019, pp. 7-64, ISSN: 1125-8799.



Copia della rivista può essere richiesta alla Biblioteca Federiciana:
via Castracane 1 - 61032 Fano (PU)
tel. 0721.887473

email: federiciana@comune.fano.pu.it


Numeri arretrati della rivista disponibili online (pdf):
"Nuovi Studi Fanesi"