Le prime testimonianze araldiche dei
Montefeltro provengono da alcuni sigilli e da alcuni stemmi su monumenti. Tra i
primi, la storiografia ricorda un sigillo circolare, di rame, al centro del
quale è rappresentato uno scudo gotico bandato con un’aquila sulla prima banda.
Lo scudo è circondato dalla legenda: “+
s. gvidonis comitis mōtī fēlīī”. Nonostante sia molto consumato, si
possono apprezzare i segni superstiti di alcuni elementi decorativi di
riempimento del campo del tipario, motivi floreali disposti secondo uno schema
consueto per l’epoca: un elemento uscente dal centro di ciascuno dei tre lati
dello scudo, con l’aggiunta di un quarto elemento, forse un fiore, dalla punta
dello scudo.
(Sigillo pubblicato da F.V. Lombardi*)
La pubblicazione di Rizzoli destò
l’interesse di Giuseppe Castellani il quale, ottenuta l’impronta del sigillo,
vi riconobbe l’arma dei Montefeltro. L’interesse di Castellani si concretò poi
in un articolo pubblicato su “Le Marche Illustrate”, nel 1902 (2). Ammettendo
che non c’era prova del possedimento comitale di un Guido da Montefeltro su
Monte Felcino, Castellani ritenne che la legenda dovesse esser letta come: “+
Sigillum Guidonis Comitis Montis Feltrii”. Citando Ginanni (3), di
Crollalanza (4), Reposati (5) e altri autori che si occuparono dell’araldica e
della monetazione feltresca, Castellani rilevò come l’arma del sigillo fosse
pressoché identica all’arma dei Montefeltro, e concluse che il conte Guido
doveva essere stato Guido il Vecchio, nato intorno al 1220 e morto nel 1298. Ve
detto, per inciso, che tutti questi autori blasonano lo stemma col capo dell’impero,
mai riscontrato, invece, nelle armi dei Montefeltro.
Castellani riferì le sue conclusioni
a Rizzoli, e questi ne diede conto nel volume I sigilli del Museo Bottacin
di Padova. Scrisse Castellani a Rizzoli: «È facile determinare a quale Guido da Montefeltro abbia appartenuto il
sigillo stesso, perché il titolo di conte, comitis, ci sgombra la via da
ogni incertezza. Uno solo di tal nome fu conte di Montefeltro, Guido detto il
Vecchio, figlio di Montefeltrano II» (6). Nonostante le argomentazioni
di Castellani, il conservatore del Museo padovano confermò la precedente
lettura paleografica (dunque non Montefeltro), ma ammise che il sigillo poteva
essere datato alla fine del XIII secolo, invece che ai primi decenni del XIV
come aveva scritto in precedenza.
Castellani dimenticò di comunicare a
Rizzoli di aver pubblicato un articolo sul tema nelle pagine di “Le Marche
Illustrate”, nel 1902. Poteva chiudersi qui la partita? Certamente no. Luigi
Junior Rizzoli, nel 1905, scrisse a “Le Marche Illustrate”: «Poiché soltanto ora mi sono accorto che il
prof. Castellani pubblicò (…) credo mio dovere di riprendere proprio qui le
poche ragioni da me addotte in opposizione a quelle del Castellani» (7).
Sostanzialmente Rizzoli confermò che lo stemma in questione «se non è quello dei Montefeltro, è perlomeno
identico» e, pur confermando le ragioni paleografiche già espresse,
signorilmente concluse: «per metterci
d’accordo adunque è uopo ammettere che la paleografia degli antichi sigilli non
sia stata generalmente sempre molto rigorosa». A puro titolo di
curiosità ricordo che Marco Battagli, nel suo testo Marcha, scrisse che
l’antico nome di Montefeltro era Montis Feliciani, ma questo non risulta
mai associato ai conti di Montefeltro (8).
Questo sigillo potrebbe mostrare uno dei
più antichi stemmi dei Montefeltro. È molto simile a quello classico, ma non
identico: qui l’aquila carica la prima banda, non la seconda; così, se l’aquila
è da intendersi nera, dovremmo costatare che gli smalti delle bande sono
invertiti rispetto al consueto: non bandato
d’azzurro e d’oro, ma bandato d’oro e d’azzurro. Potremmo
ritenere questa incongruenza un’imprecisione dell’incisore, ma anche un segno
dell’instabilità delle armi di quel periodo.
Purtroppo il sigillo non è in grado
di dirci nulla di preciso sul suo titolare. Castellani identificò quel Guido
con Guido il Vecchio, e alla luce di ciò anticipò di qualche decennio la
datazione precedentemente proposta da Rizzoli (9); tuttavia, ammesso che si
tratti di un sigillo montefeltresco, Guido il Vecchio non è affatto l’unico conte
Guido della casata al quale il tipario potrebbe essere attribuito. La fama di
Guido il Vecchio ha certamente indotto Castellani a ritenerlo il sicuro
titolare del sigillo, ma il titolo comitale di Montefeltro spettava a tutti i
membri maschi della famiglia. Guido il Vecchio ebbe, per esempio, un nipote
omonimo, figlio di Federico (10), e non si può escludere che altri personaggi
della famiglia, rimasti ignoti alle genealogie redatte fino ad ora, possano
essersi chiamati Guido, in onore del celeberrimo antenato cantato da Dante. Il
periodo di datazione permette di attribuire il sigillo sia a Guido il Vecchio sia
al nipote omonimo che fu anch’egli esponente di primo piano del partito
ghibellino nell’Italia centrale nei primi decenni del XIV.
In conclusione se, come appare,
Federico da Montefeltro, figlio di Guido il Vecchio, non aveva ancora collocato
l’aquila ghibellina nel suo stemma (almeno a tutto il primo decennio del XIV
secolo) (11), è verosimile che questo sigillo, se di un Montefeltro, appartenne
a suo figlio Guido, e non a suo padre. Pertanto sarebbe databile ai primi
decenni del XIV come intuito da Rizzoli nel suo primo intervento. D’altra
parte, Rizzoli acconsentì a ricondurre la datazione del sigillo al XIII secolo,
e non al XIV, per via dell’indicazione di Castellani, ma un sigillo con
analoghe caratteristiche a quello del conte Guido viene datato da Castellani al
XIV secolo (12).
(1) L.J. Rizzoli, “Bollettino del Museo Civico di Padova”, a. IV
(1901), nn. 1 e 2, Padova, 1902.
(2) G. Castellani, Un
sigillo di Guido da Montefeltro, in “Le Marche Illustrate” 1902, fasc. 1,
p. 56 e ss.
(3) «Feltri stirpe dei Principi di Urbino, portava bandato d’oro e di
azzurro, col Capo dell’Impero», M.A. Ginanni,
L’arte del blasone, Venezia 1756, p. 207.
(4) «Feltri di Urbino (...)
bandato d’oro e d’azzurro; col capo dell’impero», G. B. di Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle
famiglie nobili e notabili italiane, cit., vol. I, p. 397; «Montefeltro famiglia Marchigiana di parte
ghibellina: Bandato d’oro e d’azzurro; al capo caricato dell’aquila spiegata di
nero», G. di Crollalanza, Gli
Emblemi dei Guelfi e Ghibellini, Rocca San Casciano 1878, p. 151.
(5) R. Reposati, Della zecca di Gubbio e delle geste de’
conti, e duchi di Urbino, Gubbio 1773, vol. I, che
ampiamente descrive le monete dei Montefeltro con i loro stemmi.
(6) L.J. Rizzoli, I sigilli del museo Bottacin di Padova, Padova 1903, p. 48, nota 4.
(7) L.J. Rizzoli, Un sigillo di Guido da Montefeltro?, in
“Le Marche Illustrate” del 1905, F. 1-2, pp. 114 e 115.
(8) Cfr. Cronache
Malatestiane dei secoli XIV e XV, in RIS, t. XV, p. II, p. XLIX, n. 4. Sul
toponimo, D. Sacco, La Valmarecchia e la rupe di Montefeltro
dall’età romana al basso Medioevo, in D.
Sacco, A. Tosarelli, La fortezza
di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione, archeologia dell’architettura
e restauri storici, Sesto Fiorentino 2016, pp. 15-23.
(9) Le caratteristiche del
sigillo (lo scudo gotico antico e le decorazioni verosimilmente floreali che
fuoriescono dal centro dei tre lati dello scudo in steli a gruppi di tre) fanno
ritenere che il sigillo risalga ai primi anni del Trecento o al più tardi alla
metà dello stesso secolo.
(10) G. Franceschini, I
Montefeltro, Milano 1970, pp. 188 e ss.
(11) A Conti, I Montefeltro
nell’araldica monumentale trecentesca di Pisa, in M. Ferrari (a cura), L’arme segreta. Araldica e storia dell’arte
nel Medioevo (secoli XIII-XV), Firenze 2015, pp.127-141
(12) L.J. Rizzoli, I sigilli nel museo Bottacin di Padova,
cit., pp. 8 e 9.
* «Sigillo con lo stemma del conte Guido da Montefeltro (+1298) (tre bande d'oro in campo azzurro, con aquiletta», F.V. Lombardi, Mille anni di medioevo, in G. Allegretti, F.V. Lombardi, Il Montefeltro. 2. Ambiente, storia, arte nell'alta Valmarecchia, 1999, p. 116.